Fosse ancora in mezzo a noi, a parlare di ciclismo con la
sua voce roca e inconfondibile, Gino Bartali compirebbe oggi cent'anni:
tanti ne sono passati da quel 18 luglio 1914, quando la mamma Giulia lo
aveva dato alla luce nella casa di via Chiantigiana a Ponte a Ema, nel
comune di Bagno a Ripoli. Un fiorentino, dunque, con il carattere fiero e
spigoloso tipico di quelle parti, che avrebbe segnato in modo
indelebile la storia del ciclismo.
La sua vittoria più bella, tuttavia, anche se ottenuta
usando la bicicletta non l'ha messa a segno in gara: durante la seconda
guerra mondiale percorreva a tutta velocità le strade della sua Toscana
fingendo di allenarsi. I tedeschi lo lasciavano passare, Bartali era
Bartali anche per loro. Non sapevano che, nascosti nel telaio della
bici, il grande Gino nascondeva i documenti che avrebbero permesso a
decine di perseguitati ebrei di scappare dalla barbarie dello sterminio e
di salvarsi. Per dire il vero lui questa storia l'aveva tenuta nascosta
a lungo, per modestia. Ma alla fine aveva dovuto ammettere che il
«portalettere eroico» sì, era proprio lui. Così, nel 2013, qualche anno
dopo la sua morte (a Firenze, il 5 maggio del 2000) è stato dichiarato
Giusto tra le Nazioni e il suo nome è stato inserito nel Giardino dei
Giusti allo Yad Vashem, a Gerusalemme.
Avrebbe potuto vincere molto più di quello che ha vinto se
la seconda guerra mondiale non avesse stroncato proprio gli anni della
sua piena maturità sportiva: cinque anni senza corse che hanno tolto
molto di più a lui che a Coppi, di qualche anno più giovane. Eppure
Bartali è riuscito ugualmente a vincere tre Giri d'Italia, due Tour de
France, due Giri di Svizzera, quattro campionati italiani, quattro
Milano-Sanremo, tre Giri di Lombardia, tre Giri del Piemonte, cinque
Giri della Toscana. Al Giro d'Italia per ben 47 volte è passato per
primo su un Gran Premio della montagna, vincendo per sette volte la
classifica degli scalatori. E tanto per far capire che sulle montagne
era davvero il più forte di tutti, ha vinto per tre volte la stessa
classifica anche al Tour de France.
Non c'è campione di quegli anni, a partire da Fausto Coppi,
che prima o poi non si sia dovuto inchinare a Bartali quando la strada
si impennava e le pendenze diventavano proibitive. Qualcuno ha detto di
lui che se la bicicletta fosse stata inventata senza la sella, Bartali
non l'avrebbe mai battuto nessuno: straordinaria la sua capacità di
alzarsi sui pedali e procedere così per tratti lunghissimi, con gli
avversari che erano costretti a sedersi per riprendere fiato.
È stato un grandissimo scalatore ma anche allo sprint non
scherzava: quando vinse l'ultima Milano-Sanremo, a 36 anni abbondanti,
anche il grande Van Steenbergen, un velocista di classe purissima,
dovette arrendersi.
fonte: Mattia Losi per Il Sole 24 Ore
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