Chi soffre di ipertensione lo sa bene. In montagna è meglio avere molte
cautele, e forse le cime più alte non sono adatte a chi lamenta questo
disturbo. Ma ora una ricerca italiana in condizioni estreme sul monte
Everest ha permesso per la prima volta di valutare con precisione in
modo sistematico gli effetti e i rischi dell'altitudine per la pressione
arteriosa. I dati raccolti confermano che la ridotta disponibilità di
ossigeno in alta quota causa un aumento dei valori: le conseguenze sono
più marcate di notte e nelle persone sopra i 50 anni.
I farmaci più
diffusi contro l'ipertensione mantengono la propria efficacia fino 3.400
metri, mentre non funzionano dalla quota di 5.400 metri, all'incirca
quella del Campo base dell'Everest.
Lo studio, pubblicato sullo «European Heart Journal», è stato condotto nell'ambito del progetto Highcare dell'Università di Milano-Bicocca e dell'Istituto Auxologico Italiano. I suoi risultati si applicano alle persone ipertese che salgono a quote elevate per lavoro o per attività ricreative, come sci e trekking, ma non solo: la ricerca avrà importanti ricadute anche per quei pazienti ipertesi che non salgono in quota ma si trovano ad affrontare condizioni di scarsa ossigenazione, come quelli che soffrono di scompenso cardiaco cronico, apnee ostruttive nel sonno e malattie respiratorie.
Non potranno andare sull'Everest, ma gli ipertesi potranno forse presto giovarsi degli studi condotti da altri in alta quota...
Lo studio, pubblicato sullo «European Heart Journal», è stato condotto nell'ambito del progetto Highcare dell'Università di Milano-Bicocca e dell'Istituto Auxologico Italiano. I suoi risultati si applicano alle persone ipertese che salgono a quote elevate per lavoro o per attività ricreative, come sci e trekking, ma non solo: la ricerca avrà importanti ricadute anche per quei pazienti ipertesi che non salgono in quota ma si trovano ad affrontare condizioni di scarsa ossigenazione, come quelli che soffrono di scompenso cardiaco cronico, apnee ostruttive nel sonno e malattie respiratorie.
Non potranno andare sull'Everest, ma gli ipertesi potranno forse presto giovarsi degli studi condotti da altri in alta quota...
fonte: Giulio Isola, Avvenire, 27 agosto 2014
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