È noto a tutti come l'itinerario terreno
della Santa di Cascia si articoli in diversi stati di vita,
cronologicamente successivi e - quel che più conta - disposti in un
ordine ascendente, che segna le diverse fasi di sviluppo della sua vita
d'unione con Dio. Perché Rita è santa? Non tanto per la fama dei prodigi
che la devozione popolare attribuisce all'efficacia della sua
intercessione presso Dio onnipotente, quanto per la stupefacente
"normalità" dell'esistenza quotidiana, da lei vissuta prima come
sposa e madre, poi come vedova ed infine come monaca agostiniana.
Era
una sconosciuta giovinetta di codesta Terra, che nel calore
dell'ambiente familiare aveva appreso l'abitudine alla tenera pietà
verso il Creatore nella visione, che è già una lezione, del suggestivo
scenario della catena appenninica. Dove fu allora la ragione della sua
santità? E dove l'eroicità delle sue virtù? Vita tranquilla ed umbratile
era la sua, senza il rilievo di avvenimenti esterni, allorché, contro
le personali sue preferenze, abbracciò lo stato matrimoniale. Così
divenne sposa, rivelandosi subito come vero angelo del focolare e
svolgendo un'azione risolutiva nel trasformare il costume
del coniuge. E fu anche madre, allietata dalla nascita di due figlioli,
per i quali, dopo la proditoria uccisione del marito, tanto trepidò e
sofferse, nel timore che nelle loro anime insorgesse fin l'ombra di un
desiderio di vendetta contro gli assassini del padre. Da parte sua, li
aveva generosamente perdonati, determinando anche la pacificazione delle
famiglie.
Già vedova, rimase poco dopo priva dei figli, sicché,
essendo libera da ogni vincolo terreno, decise di darsi tutta a Dio. Ma
anche a questo riguardo soffrì prove e contraddizioni, finché potè
realizzare l'ideale che le era
arriso fin dalla prima giovinezza, consacrandosi al Signore nel
monastero di Santa
Maria Maddalena. L'umile esistenza, che qui trascorse per circa quaranta
anni, fu del pari sconosciuta agli occhi del mondo ed aperta solo
all'intimità con Dio. Furono, quelli, anni di assidua contemplazione,
anni di penitenze e di preghiere, che culminarono in quella piaga che le
si stampò dolorosa sulla fronte. Appunto questo segno della spina, al
di là della sofferenza fisica che le procurava, fu come il sigillo delle
sue pene interiori, ma fu soprattutto la prova della sua diretta
partecipazione alla Passione del Cristo, centrata -
per così dire - in uno dei momenti più drammatici, quale fu quello della
coronazione di spine nel pretorio di Filato (cfr. Mt 27,29; Me 15,17;
Gv 19,2.5).
È qui, pertanto, che bisogna ravvisare il vertice della
sua mistica ascesa, qui la profondità di una sofferenza, che fu tale da
determinare una traccia somatica esterna. E qui ancora si scopre un
significativo punto di contatto tra i due figli dell'Umbria, Rita e
Francesco. In realtà, quel che furono le stigmate per il Poverello, fu
la spina per Rita: cioè un segno, quelle e questa, di diretta
associazione alla Passione redentiva di Cristo
Signore, coronato di pungenti spine dopo la cruenta flagellazione e,
successivamente,
trafitto da chiodi e colpito dalla lancia sul Calvario. Tale
associazione si stabilì in entrambi i Santi sulla comune base di
quell'amore, che ha un'intrinseca forza unitiva, ed appunto per quella
spina dolorosa la Santa delle rose divenne simbolo vivente di amorosa
compartecipazione alle sofferenze del Salvatore. Che la rosa dell'amore
allora è fresca e olezzante, quando è associata alla spina del dolore!
Così fu in Cristo, modello supremo; così fu in Francesco; così fu in
Rita. Invero, anche Ella ha sofferto ed amato: ha amato Dio ed ha amato
gli uomini; ha sofferto per amore di Dio ed ha sofferto
a causa degli uomini.
Roccaporena: l'orto del miracolo |
Pertanto, il graduale succedersi dei vari
stadi nel suo cammino terreno rivela in Lei una parallela crescita
d'amore fino a quello stigma che, mentre dà la misura adeguata della sua
elevazione, spiega al tempo stesso perché la sua dolce figura eserciti
tanta attrattiva tra i fedeli, che ne celebrano il nome e ne esaltano il
mirabile potere presso il trono di Dio.
Figlia spirituale di
sant'Agostino, Ella ne ha messo in pratica gli insegnamenti, pur senza
averli letti nei libri. Colui che alle donne consacrate aveva tanto
raccomandato di "seguire l'Agnello dovunque vada" e di "contemplare con
gli
occhi interiori le piaghe del Crocifisso, le cicatrici del Risorto, il
sangue del Morente (...), tutto soppesando sulla bilancia della carità"
(cfr. De sancta virginitate, 52, 54, 55; PL 40, 428), fu ubbidito "ad
litteram" da Rita che, specialmente nel quarantennio claustrale,
dimostrò la continuità e la saldezza del contatto stabilito con la
vittima divina del Golgota.
La lezione della Santa - giova precisare -
si concentra su questi elementi tipici di spiritualità: l'offerta del
perdono e l'accettazione della sofferenza,
non già per una forma di passiva rassegnazione o come frutto di
femminile debolezza, ma per la forza di quell'amore verso Cristo, che
proprio nel ricordato episodio della coronazione ha subito, con le altre
umiliazioni, un'atroce parodia della sua regalità.
Alimentato da
questa scena, che non senza motivo la tradizione della Chiesa ha
inserito al centro dei "misteri dolorosi" del Santo Rosario, il
misticismo ritiano si ricollegava allo stesso ideale, vissuto in prima
persona e non semplicemente enunciato, dall'Apostolo Paolo: Ego...
stigmata Domini lesu in corpore meo porto (Gai 6,17); Adimpleo ea, quae
desunt passionimi
Christi in carne meo prò corpore eius, quod est Ecclesia (Col 1,24).
Anche questo ulteriore elemento occorre rilevare, cioè la destinazione
ecclesiale dei meriti della Santa: segregata dal mondo ed intimamente
associata al Cristo sofferente. Ella ha fatto rifluire nella comunità
dei fratelli il frutto di questo suo "compatire".
Davvero Rita è ad
un tempo la "donna forte" e la "vergine saggia", delle quali ci parla la
Sacra Scrittura (Pro 31,10ss; Mt 25,1 ss), che in tutti gli stati di
vita indica, e non già a parole, quale sia la via autentica alla santità
come sequela fedele di Cristo fino alla croce. Per questo a tutti i
suoi devoti, sparsi in ogni parte del mondo, ho desiderato riproporne la
dolce e dolente figura con l'augurio che, ad essa ispirandosi, vogliano
corrispondere - ciascuno nello stato di vita che gli è proprio - alla
vocazione cristiana nelle sue esigenze di chiarezza, di testimonianza e
di coraggio: sic luceat lux vostra coram hominibus... (Mt 5,16).
Lettera di Giovanni Paolo II ad Ottorino Pietro Alberti arcivescovo di Spoleto e vescovo di Norcia in occasione del sesto centenario della nascita di santa Rita (10 febbraio
dell'anno 1982)
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