In occasione della beatificazione di Paolo VI (1963-1978), pubblichiamo alcuni interventi del Papa concernenti la montagna. Iniziamo con il discorso rivolto al Club Alpino Italiano, in occasione dei 110 anni dalla fondazione:
"Il nostro pensiero va, pieno di ammirazione, a queste schiere di
valorosi, che, pur senza tralasciare i loro doveri di cittadini, che li
impegnano nelle varie professioni della vita quotidiana, seguono il richiamo
irresistibile della montagna, dedicandosi nel tempo libero, e talora con
rigoroso sacrificio che richiama in certo modo i principii di una severa
ascetica, al necessario allenamento e perfezionamento. Meritano senz’altro una citazione d’onore
coloro che, nelle più celebri spedizioni, hanno elevato un monumento perenne al
coraggio individuale e al lavoro di équipe degli alpinisti Italiani: e il
presente volume, che sfoglieremo volentieri in qualche breve pausa delle nostre
dense giornate, dà certo testimonianza a queste ammirevoli imprese, che non
sono soltanto una conquista di primati, bensì anche un contributo al progresso
delle conoscenze geografiche non che alla mutua conoscenza tra i popoli.
Ma non vogliamo dimenticare tutti gli altri, e sono certo la maggioranza,
che fanno della montagna un rifugio e una difesa contro le intossicazioni,
ecologiche e spirituali, che il vivere contemporaneo porta con sè; e ricordiamo
le guide valorose e gli specialisti del Soccorso Alpino, pronti gli uni e le
altre anche all’olocausto della vita per offrire salvezza e sicurezza ai
fratelli; e rammentiamo i pazienti portatori; gli esperti della tutela
dell’ambiente naturale alpino, in particolar modo della flora e della fauna;
gli istruttori della gioventù alle scalate e alle gare sciistiche sportive ; e
tutta la folla dei 115.000 soci del Club Alpino Italiano, di ogni età e
professione ed estrazione civile, accomunati dall’unico ideale dell’amore per
la montagna: e ci fa piacere apprendere che molti sono fra essi i giovani.
Veramente, l’alpinismo, inteso come voi volete, - non come frivola
esibizione, bensì come ardua conquista di mete sempre più difficili, nella
padronanza di se stessi – può essere una formidabile scuola di maturazione di
forti personalità umane; vi si apprende la fraternità, lo spirito di servizio,
l’aiuto reciproco e generoso, la semplicità dei modi, il rifiuto di una vita
comoda e molle, un continuo allenamento fisico e spirituale: tutte doti che
temprano l’uomo e lo educano alla correttezza e alla socialità.
Ma tale scuola può e deve essere anche valido sussidio per una vera e
autentica formazione cristiana: nel silenzio immenso della montagna, davanti
alla maestà possente di quelle vallate che via via si inseguono e s’innalzano
fino ai picchi aerei e solitari, nello splendore calmo e ridente della natura
come nell’improvviso addensarsi di nebbie e di bufere, l’uomo si sente piccolo,
umile, buono, si abilita a valutarsi quale realmente è, creatura minuscola
davanti alla onnipotenza di Dio, santo e tremendo, ma Padre buono e
provvidente, che si è chinato su di noi per farne i suoi figli.
Il linguaggio biblico, specie nei Salmi, chiama Dio col nome di “roccia”, di “pietra”
: Egli è Colui che non abbandona, Colui al quale ci si può appoggiare e
aggrappare, perché in Lui solo v’è la salvezza e la gloria.
E l’esercizio dell’alpinismo porta irresistibilmente a Dio: ed è tanto
indicativo, appunto, che alpinisti e gente della montagna hanno affrontato
faticose ascensioni per collocare sulla cima dei monti l’emblema della
redenzione, la Croce, o l’effigie marmorea del Cristo e della Madre Sua
Immacolata come le nevi eterne che risplendono nell’azzurro del cielo.
Noi vi invitiamo a ravvivare e a favorire sempre nel vostro Sodalizio,
insieme con l’esercizio delle virtù umane, anche questa possibilità di vita
cristiana, che sublima l’uomo alle altezze per cui è stato creato; e insieme
auspichiamo che dall’ardimento che vi
distingue non sia mai disgiunto il senso di rispetto per il gran dono della
vita, che non deve mai esser posta in grave pericolo :è uno dei tanti aspetti
della deontologia propria della vostra specifica attività.
Siamo assai lieti di avervi incontrati, in questa occasione che vi fa
riandare col pensiero ai 110 anni di fondazione del Club Alpino Italiano:
assicurate ai soci tutti che il Papa li stima, li ammira, li incoraggia, mentre
ad essi e ai loro familiari di cuore imparte l’Apostolica Benedizione".
Parlando invece alle guide del Cervino e di Zermatt, il
discorso sui valori dell’alpinismo diventa ancor più diretto:
"…Sapete congiungere tanto bene l’ardua e severa disciplina della vostra
professione con una profonda dirittura di coscienza e di vita; lieti
soprattutto di poter cogliere quest’occasione così bella e significativa per
esprimere il Nostro ampio e paterno sentimento di stima, di benevolenza, di
ammirazione per la rude, modesta, sana, operosa gente della montagna".
Conclude invitando gli alpinisti
a mantenere la fede in Dio, la fedeltà alla Chiesa, la dedizione alla famiglia,
valori connaturali per la gente di montagna:
"Noi siamo certi che questi sentimenti corrispondono alla vostra intima
coscienza più vera e più schietta: quella che è nota a Dio solo, e da Lui trae
l’aiuto e l’incoraggiamento, attraverso
l’abitudine della preghiera, la fedeltà della Chiesa, la dedizione alla
famiglia.
Per questo vi esprimiamo il Nostro ampio, paterno compiacimento; per
questo siamo lieti di benedire gli strumenti arditi della vostra fatica
quotidiana di esperti e di maestri; per questo soprattutto amiamo impartirvi la
Nostra particolare confortatrice Benedizione Apostolica, che vuole abbracciare
in un solo palpito di preghiera e di carità le vostre persone, i vostri cari
lontani, i vostri amici e benefattori, e la vostra meravigliosa attività,
svolta con tanto prestigio nella cornice silente e maestosa delle nostre
montagne".
(insegnamenti, vol. III pagg. 321 – 323
)
Un quadro totalmente diverso è quello che si presenta
nell’indirizzo ai rappresentanti delle Comunità Montane: qui la montagna non è
la località di villeggiatura e neppure il paesaggio selvaggiamente splendido
quanto piuttosto il duro ambiente nel quale l’uomo deve sopravvivere lottando,
specialmente dove la furia degli elementi e le alluvioni hanno lasciato dietro
di sé povertà e distruzioni.
Anche riferendosi alle parole di Pio XII, l’indirizzo si trasforma
in una perorazione, perché non vengano abbandonati a se stessi coloro che
vivono fra le asperità dei monti:
"Voi avete sofferto; le vostre popolazioni, a cui pur vanno le vostre
più assillanti e continue provvidenze, sono state provate da una sofferenza
inaudita, perché hanno perduto in pochi istanti il frutto di lunghi anni di
fatica, perfino gli indispensabili strumenti di lavoro; le vostre belle regioni
sono state sconvolte dalla furia degli elementi.
Quando si pensa ai comuni montani, la fantasia vorrebbe dipingersi
immagini stupende di paesaggi maestosi e pittoreschi, dai verdissimi campi,
stellati di fiori variopinti, dalle vaste distese di boschi e foreste,
nereggianti ai piedi dei monti solenni, in uno spettacolo che ricrea lo
spirito, ne placa l’inquietudine, e lo avvicina a Dio; e tutto questo significa
l’amore alla montagna , che tante anime nobili e ardenti sanno coltivare. Ma, come è avvenuto recentemente, l’idilliaca
immagine mostra ad un tratto l’altra faccia: è la forza primigenia della
natura, che rompe ogni freno, e, scatenandosi violenta, travolge in una immane
rovina le naturali difese e le opere degli uomini, seminando la desolazione e
la morte.
Noi abbiamo preso vivissima parte alla vostra prova e , con l’aiuto di
tanti animi caritatevoli e buoni, abbiamo cercato di fare tutto, tutto il
possibile per ovviare almeno alle prime e più gravi necessità, pur nella limitatezza
dei mezzi a disposizione.
E ora, che Ci siete qui presenti, desideriamo attestarvi anche a voce
la Nostra ansia. Già il Nostro
Predecessore Pio XII, nel discorso a voi rivolto esattamente dieci anni fa, in
occasione del vostro II congresso Nazionale, dopo aver sottolineato le
benemerenze della gente della montagna verso l’intera società, e l’opera di
condizionamento anche atmosferico, che le regioni montuose compiono nella
generale configurazione geografica di una nazione, faceva notare “ il sacrificio
di chi vive tra le asprezze dei monti” e le difficoltà del loro reddito e del
loro lavoro.
E continuava: “ sorge così in essi la brama di fuggire, attratti come
sono dalla più facile vita dei centri urbani.
E appare in tutta la sua urgenza
la necessità di contenere un’emigrazione, che a non lungo andare
creerebbe problemi praticamente insolubili….
Come si potrebbe lasciare senza abitanti e senza custodia la montagna
? Come si potrebbero abbandonare i
boschi e i pascoli? E che avverrebbe, se venissero a mancare o fossero meno
efficienti gli argini naturali delle acque?
La risposta non è difficile per chiunque pensi ai danni incalcolabili,
che recenti alluvioni hanno prodotto, seminando la rovina e la morte in mezzo a
tante fertili contrade d’Italia” ( 23 novembre 1956; discorsi e radiomessaggi
di Sua Santità Pio XII, p. 682).
Quelle domande, già urgenti allora, lo sono divenute oggi in forma
addirittura tragica. Le facciamo
Nostre, e le proponiamo alla vostra esperienza, alla vostra capacità, alla
vostra saggezza. I problemi della montagna sono gravi, ed
esigono pronto interessamento dalle competenti Autorità: e queste esigenze
trovano in Noi l’incoraggiamento più aperto e solidale.
La gente della montagna ha il diritto di attendersi un solenne impegno
da parte di tutti i responsabili, perché, diversamente, le conseguenze
potrebbero essere gravissime. Ma noi
confidiamo altresì che essa saprà trovare una rinnovata fiducia in se stessa;
nella propria funzione, nel proprio lavoro, che ha insostituibile preziosità
per tutta la comunità nazionale.
Noi auguriamo al vostro Congresso Nazionale di ottenere felici
risultati, studiando e coordinando tutto ciò che possa aumentare questa fiducia
nei diletti abitanti della montagna e agevolare una pronta ripresa in tutti i
settori della loro attività.
La loro laboriosità, la loro parsimonia, il loro spirito di sacrificio
meritano il più concreto e valido interessamento; la loro schiettezza, la loro
onestà, la loro profonda religiosità li impone all’affetto, alla stima, alla
reverenza di ognuno".
(Insegnamenti, vol. IV pagg. 927-929)
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