![]() |
Meeting di Rimini, 1982 |
Nella folla in cammino verso il luogo del Supplizio — ti
Apristi un varco a un tratto o te lo aprivi dall’inizio?
E da quando? — dimmelo tu, Veronica.
Nacque il tuo nome nello stesso istante in cui il cuore
divenne l’effige: effige di verità.
Nacque il tuo nome da ciò che fissavi.
Così intenso il tuo desiderio di vedere, sorella,
così intenso il tuo desiderio di sentire che il tuo sguardo è arrivato,
così intenso il tuo desiderio di sapere che l’effige
è nel cuore.
La visione è uno spazio dell’anima.
Dici allora:
voglio essere vicina, così vicina
che nessun vuoto si presenti in un distacco da Te,
che la Tua assenza non ritorni.
Nella folla in cammino verso il luogo del Supplizio —
ti apristi un varco a un tratto o te lo aprivi dall’inizio?
E da quando? — dimmelo tu, Veronica».
Karol Wojtyla
L’edizione 2019 del Meeting di Rimini porta il titolo di un verso di poesia. È una particolarità che non si può trascurare, e che anzi colpisce – in un tempo di svilimento del linguaggio, di abbruttimento della parola, ripartire da un linguaggio che significa: è già l’indicazione di una via. Ripartire dalla riscoperta dei nomi, come questa poesia di Karol Wojtyla, che s’intitola appunto Il nome – scritta molto prima di diventare Papa – invita a fare. Tornare a nominare le cose, riscoprirne il nome, è un modo di sancire un nuovo inizio: è come nascere di nuovo. E cosa chiede il mondo d’oggi più di ogni cosa, se non il dono di poter rinascere?
Nella sua poesia Wojtyla ci racconta proprio come si scopre un nome. Ci spiega come funzionano i nomi. «A un tratto o dall’inizio?» chiede a Veronica – la donna che, secondo la tradizione, seguì la passione di Cristo e gli deterse il volto sporco di sangue e sudore con il suo panno di lino. In che tempo, le chiede – con quale tempo hai compiuto la tua opera? Le chiede insomma come ha riconosciuto Cristo, come e in che tempo ha vissuto la sua unione con Lui. Come ha saputo riconoscerlo, capire che lui era Lui. Ed ecco il primo passaggio della nascita del nome: il riconoscimento: «Nacque il tuo nome nello stesso istante in cui il cuore / divenne l’effige: effige di verità». Il nome di Cristo, il nome che Cristo ha per Veronica, nasce nel momento in cui il cuore legittima quella verità: l’attimo in cui il cuore riconosce e appartiene. Ecco da dove scaturisce il nome: dal cuore che s’attacca, dal cuore che s’identifica. Quando scatta questo innamoramento, il nome sboccia naturale, una novità inizia a muoversi. Un nome è sempre anche un modo per legare a sé, per poter ritornare a qualcosa, per iniziare una storia. E quando il cuore si aggancia a qualcosa, inizia col nominarlo: comincia una storia, la storia di un amore e di un riconoscimento interminabile. Il nome nasce come nasce un amore: da un desiderio di appartenenza, dal desiderio di una storia, di una convivenza, di un evento che non resti isolato ma continui a ripetersi. «Il desiderio di vedere» è il desiderio di un irriducibile legarsi. Quello che tu guardi parla di te più di quanto possa farlo tu stesso.
fonte: Fabrizio Sinisi, clonline.org
Quello a cui stiamo assistendo nel nostro tempo è qualcosa di nuovo, di inedito: non bastano più le parole abituali per afferrarlo, e le analisi con cui si è cercato per tanto tempo di capire la crisi – o meglio le diverse crisi – del nostro mondo sembrano armi spuntate.
Da un lato una capacità stupefacente di costruire, manipolare e controllare la realtà attraverso un potere tecnologico sempre più diffuso; dall’altro un sempre più profondo smarrimento riguardo al senso per cui ciascuno di noi sta al mondo e alla società che si vuole costruire. E così, paradossalmente, alla potenza della tecnica, che muove ormai l’economia e la politica globali, si accompagna l’impotenza endemica della povertà – povertà di beni e soprattutto di significato – che dilaga nel mondo.
Ma qual è la novità che urge? Essa sta nella realtà più nascosta e apparentemente più scontata, ma al tempo stesso più essenziale e decisiva di tutto il resto: l’io di ciascuno di noi.
È in questa realtà del soggetto umano il punto infuocato del mondo intero, quello da cui dipendono ultimamente tutti i macrofenomeni della storia. Ma la grandezza e l’inquietudine dell’io, in ciascuno di noi, sta nella sua autocoscienza, nella possibilità – sempre aperta – di cercare e di scoprire ciò per cui vale la pena vivere e costruire. Qui sta il punto d’appoggio per vivere tutto: è grazie ad esso, alla consistenza della nostra coscienza, che possiamo affrontare le sfide della storia.
Per questo la domanda più interessante, e insieme la più pertinente al nostro presente, è: ma da dove nasce l’io? Da dove viene il “volto” di ciascuno di noi? Cosa dà peso e significato irriducibile al nostro “nome” proprio? Perché senza volto non si può guardare niente e non si può godere di niente; e senza nome ci si riduce al niente di una massa indistinta.
È la domanda acutissima e insieme disarmata che Nicodemo rivolse a Gesù: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». E la vecchiezza non è solo e tanto quella dell’età, ma è soprattutto quella del cuore e dello sguardo. Come nasce, e come può rinascere di continuo il volto di una persona?
I versi da una poesia di Karol Wojtyla, che danno il titolo al Meeting 2019, mettono a fuoco il fatto – sperimentato da tutti, almeno nei momenti più importanti e decisivi della vita – che il proprio “nome”, cioè la propria consistenza umana nasce da quello che si fissa, e cioè dal rapporto con un altro da sé, con ciò da cui ci si sente chiamati ad essere. L’immagine cui la poesia si riferisce è quella della Veronica che fissa Cristo mentre passa con la croce. Ma tanti incontri evangelici raffigurano questa dinamica: come quello di Zaccheo che si sente guardato da Gesù e viene chiamato per nome: «scendi in fretta, vengo a casa tua!».
L’io può rinascere solo in un incontro, come quello del bambino con la sua mamma o di una persona grande con un'altra persona amata o con un amico. Un incontro pienamente umano, perché apre all’io una prospettiva di bellezza, un desiderio di pienezza, un’urgenza di verità e di giustizia che da solo non si sarebbe mai sognato.
In ogni incontro vero è come se ciascuno si sentisse “preferito”: proprio lui, proprio lei. Sembra la cosa più fragile e più esposta al caso; ma è l’esperienza più potente che possiamo fare, l’unica che può farci restare in piedi di fronte alle sfide del tempo. Non è anzitutto in uno sforzo di volontà o in una coerenza etica, che potranno essere affrontati l’incertezza e la confusione esistenziale che segnano la nostra epoca. Nessuna tecnica per la “cura di sé”, nessuna riflessione avrebbe la forza generativa di un incontro: solo una preferenza su di sé può strapparci dal nulla.
In uno dei punti più acuti del Senso religioso don Giussani scrive: «In questo momento io, se sono attento, cioè se sono maturo, non posso negare che l’evidenza più grande e profonda che percepisco è che io non mi faccio da me, non sto facendomi da me. Non mi do l’essere, non mi do la realtà che sono, sono “dato”. È l’attimo adulto della scoperta di me stesso come dipendente da qualcosa d’altro. [...] Si tratta della intuizione, che in ogni tempo della storia lo spirito umano più acuto ha avuto, di questa misteriosa presenza da cui la consistenza del suo istante, del suo io, è resa possibile. Io sono “tu-che-mi-fai”. [...] Allora non dico: “Io sono” consapevolmente, secondo la totalità della mia statura d’uomo, se non identificandolo con “Io sono fatto”. È da quanto detto prima che dipende l’equilibrio ultimo della vita»
Accorgersi di “essere”, aver coscienza che si è “chiamati” ad esistere è l’esperienza più sconvolgente per tutta la cultura – dalla scienza all’economia, dalla politica all’arte: da essa dipende la possibilità stessa di un nostro impegno serio nella realtà.
Nell’edizione del Quarantennale il Meeting vuole offrire questo come il contributo più prezioso della sua storia e del suo impegno presente: solo l’incontro con persone “vive” può riaprire l’io di ciascuno di noi a tutte le dimensioni del mondo.
18-24 agosto 2019 | Fiera di Rimini
XL edizione Meeting per l’amicizia fra i popoli
fonte: www.meetingrimini.org
Nessun commento:
Posta un commento