sabato 25 febbraio 2012

Il Carnascèr fascian



Il Carnascèr fascian, il Carnevale fassano, è una delle manifestazioni più importanti e famose nell'ambito culturale ladino. Si tratta di una tradizione antichissima che ancora al giorno d'oggi attira un gran numero di spettatori. La particolarità di questo carnevale, è che non è ravvivato dalle maschere comuni in tutta Italia, bensì da personaggi particolari, unici, che non ritroverete da nessun'altra parte.

Il carnevale fassano inizia ufficialmente il 20 gennaio, giorno della sagra di Penìa, dove in serata si svolge la grande mascherata di apertura del periodo di festa, presso l'antico edifico scolastico del paese. Le mascherate e le manifestazioni si susseguono poi per tutto il periodo del carnevale, in tutti i paesi della valle. L'ultima domenica di carnevale, infine, a Campitello viene organizzata la conclusione del Carnascèr Fascian, con la grande sfilata dei carri allegorici e delle maschere tradizionali.

LE MASCHERE DEL CARNASCÈR FASCIAN

Il Laché: il laché svolge la funzione di maggiordomo, di maschera che presenta e guida la mascherèda. Il suo abito molto colorato (come quasi tutte le maschere fassane) è completato da un copricapo con lunghe frange sulle spalle e da un bastone, anch'esso con lunghi nastri colorati alla sommità. All'inizio della mascherèda il laché pronuncia una frase rituale : portando il fazzoletto alla fronte il laché recita la formula d’ingresso “Chiedo il permesso di entrare in questo castello o palazzo che sia con tutta la mia bella e gran compagnia” . Dopodiché si lancia di corsa in mezzo alla folla e, facendo perno sul suo lungo bastone esegue tre lunghi salti, per poi uscire di scena e fare posto alle altre maschere.

Il Bufon: il bufon è un personaggio scherzoso e molto malizioso; durante la mascherèda gira tra la gente e, battendo il fondoschiena delle donne con la sua "stica" (bacchtetta), prende in giro i loro difetti fisici oppure recita loro dei versi e filastrocche a sfondo generalmente sessuale, spesso anche molto spinto (basti pensare che, esordendo alla mascherèda, pronunci la frase rituale “Lèrga lèrga, che son pien de mèrda!”.Molto bello è il costume del bufon: ai piedi porta le "stinfernes" (calzettoni) molto colorate, attorno alla vita una specie di grembiule, completato con la parte superiore, riccamente decorata. Altrettanto bello è il suo copricapo, il "ciapel da bufon", fatto a punta con lunghi nastri colorati alla sommità; il bufon poi tiene in mano la "stica"per stuzzicare le donne, e l"'òcel" (binocolo), per osservarle meglio. Il volto del bufon è coperto dalla "facera da bufon", una bellissima maschera di legno, intagliata rigorosamente a mano, con un pendente rosso sulla punta del naso.

I Marascons: i marascons sono maschere che nella maggior parte dei paesi della valle si muovono sempre in coppia. Essi non parlano mai, e si limitano solamente a saltellare sotto braccio e a ritmo preciso; quando saltano, danno origine a un forte tintinnìo, a causa dei bronzins (campanacci), che hanno legati addosso. Il costume dei marascons è molto più sobrio di quelli del laché e del bufon: calze bianche, pantaloni neri a tre quarti, cinturone di cuoio con attaccati i "bronzins", e infine il cappello, simile a quello del laché.

Il Coscrit te ceston: il coscrit te ceston (coscritto nel cesto) è una maschera che da un effetto ottico molto bello. Ad una prima occhiata sembra composta da due persone: rappresenta una vecchia donna china con un cesto sulla spalle, dal quale spunta la testa di un ragazzo. In realtà, il volto della vecchia non è altro che parte integrante del costume, mentre il ragazzo è colui che indossa la maschera, spuntando con il capo da un buco nel cesto. Questa maschera vuole rappresentare una vecchia madre che accompagna il figlio alla visita di leva (coscrit, quindi diciottenne), poichè lui ha paura ad andarci da solo.

Il Paiazo: si tratta di una maschera comune solo a Campitello; di solito compare accanto al laché e nella sua comicità priva di intelligenza è il contraltare della comicità arguta e intelligente del Bufon.

Il Zeberchie: anche il zeberchie è una maschera che presenta un'illusione ottica. E' composto da due persone, una davanti, seduta, con le braccia appoggiate a un tavolo e con un paio di scarpe sulle mani; l'altra, in piedi, dietro, indossa un'ampia giacca. L'effetto ottico è quello di un nano, con braccia e gambe cortissime, seduto su di un tavolo. Non potendosi muovere, il zeberchie gira solitamente sui carri allegorici.

L'Arlekin: è una personaggio che non ha assolutamente niente a che fare con l'arlecchino conosciuto nel resto d'Italia. E' una maschera tipica di Moena, la cui funzione durante il carnevale è quella di mantenere l'ordine. Generalmente se ne incontrano due per ogni mascherèda, e sono rappresentati da due giovani molto abili a correre. Hanno un cappello a punta con qualche bronzin (campanaccio), un velo bianco sul volto, una camicia legata con una grossa cintura piena di campanelli, pantaloni fin sotto le ginocchia di colori diversi e stivali. Tengono in mano un frustino e brandendolo rincorrono i bambini per le vie del paese, colpendoli con la loro arma.

I Lonc: anche qui si tratta di maschere tipiche del carnevale di Moena; sono due personaggi molto alti, poiché gli uomini che le impersonano stanno su due trampoli e girano di solito in coppia. Sono coperti con un lenzuolo bianco fino ai piedi; in cima è attaccata una grossa testa con disegnato il volto (alcune volte si trovano addirittura senza volto). Sono maschere innocue, che girano per il paese di solito dall'imbrunire in poi, spaventando la gente. Rappresentano gli spiriti dei morti e, una volta, comparivano solamente la sera del venerdì grasso.



La faceres da bel: le "maschere belle" sono travestimenti che non riproducano nulla di particolare ma che rappresentano personaggi positivi e di una certa gradevolezza estetica; un esempio è il "guant da steles" (vestito di stelle) costituito con piccole listarelle di legno colorate e unite a mo' di veste.

La faceres da burt: le "maschere brutte" rappresentano al contrario personaggi raccapriccianti e selvaggi, come "l'om dal bosch" (l'uomo del bosco) o i "strions" (stregoni). La prima è collegata strettamente alla figura mitologica del "salvan", l'uomo selvatico, dall'aspetto brutto e grezzo, sebbene questi non rappresenti un'entità negativa, quanto piuttosto uno spirito primitivo.

fonte: http://tuttofassa.stepdev.org

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