giovedì 5 aprile 2012

Fremono i canti e fanno delirar



"E che pensieri immensi, che dolci sogni mi ispirò la vista di quel lontano mar - è Leopardi a parlare - quei monti azzurri che di qua scopro".
In effetti i monti azzurri descritti nelle "Ricordanze" sembrano separati da terra, quasi fossero - e alcuni ne sono convinti - la rappresentazione terrestre di una visione celeste. E' quanto, ad esempio, alcuni studiosi rilevano dalla disposizione, nei monti Sibillini, di sette chiese dedicate alla Madonna, la copia esatta, sostengono, della costellazione della Vergine.
O se volete, la rappresentazione del Femminile inteso come principio cosmico originario.
Leggendo questi studi, ho pensato che in effetti i Sibillini potrebbero essere declinati al femminile.
Intanto per via del nome, che si richiama appunto al Monte della Sibilla, al femminile, anzichè riprendere la denominazione della sua cima più alta, ovvero il Vettore, al maschile.
E poi, ancora di una donna si parla a proposito della leggenda più misteriosa e suggestiva che questi luoghi, ricchi di storie, maghi, cavalieri erranti, demoni e streghe, ancora oggi raccontano.
Secondo le narrazioni tramandate nei secoli, in questi "arcani mondi" viveva una regina bellissima che tesseva una tela fatta coi raggi di sole.


Ma chi era davvero?
Secondo alcuni, si trattava della Sibilla Cumana, trasmigrata in epoca cristiana; per altri la fuga della Sibilla era dovuta alla sua ira per non essere stata scelta come madre di Gesù; per altri ancora, in base a criteri geografici, era la Sibilla Tiburtina (non a caso la catena montuosa che divide le acque che vanno al Tevere da quelle che sfociano nell'Adriatico).
Certamente, la grotta e la leggenda della Sibilla hanno subito una stratificazione temporale di interpretazioni: dalla tradizione preromana che vuole la grotta abitata da una saggia indovina che consigliava il popolo, alla tradizione della dea Cibele, fino alla profetessa casta votata ad Apollo.
Nella fase medievale la grotta diviene demoniaca e la Sibilla è la maga Alcina, l'incantatrice che di notte si trasforma in serpe: "Là, sovra i gioghi dell'Appennin selvaggio, fra l'erte rupi una caverna appar: vegliano le sirene quel faraggio, fremono i canti e fanno delirar".
Oltre a ispirare questi versi di Sartorio, la leggenda medievale ha influenzato anche il romanzo cavalleresco "Guerin Meschino" di Andrea da Barberino, ovvero la storia di un cavaliere che si recò dalla Sibilla per ritrovare i genitori, e riuscì a resistere alle tentazioni solo invocando il nome di Gesù.


Ma per la gente del posto - ed è questa la versione che ne dà anche Joyce Lussu richiamandosi alla cultura più antica delle donne, in una sorta di emancipazione femminista - la profetessa era una fata saggia che dava consigli alla popolazione sui problemi agricoli o le erbe medicinali, e insegnava alle giovani l'arte della tessitura.
Quando incontravano la regina, i giovani ballavano il saltarello, cioè il ballo delle fate. Sarà un caso se le "faterelle ballerine" della tradizione, quelle che oggi incantano i bambini di tutto il mondo, siano proprio le marchigiane Winx?

Lasciamo la Sibilla e avviciniamoci a un altro luogo dal nome evocativo: il lago di Pilato, a quasi 2.000 metri d'altezza, oggi molto frequentato dai turisti, ma un tempo meta di stregoni che qui evocavano i demoni. Secondo la leggenda, Pilato condannato a morte dall'imperatore Vespasiano, chiede che il suo corpo venga posato in un carro trainato da animali e lasciato al suo destino.

Pare che il carro, giunto nei Sibillini, sia scomparso inghiottito dalle acque del lago.
Ma non è finita qui: si narra che nel giorno del Venerdì Santo, la superficie del lago diventi rossa e attorno fiorisca una strana pianta raffigurante due mani unite in preghiera.
In realtà, il rosso del lago è dovuto al chirocefalo del Marchesoni, una specie di minuscolo gambero, molto raro, che nel periodo di riproduzione nuota con il corpo rivolto verso l'alto per catturare la luce del sole.
Attenzione: è severamente vietato toccare l'acqua o tirare sassi, pena una multa da parte della forestale, poichè si rischia di distruggere le uova del chirocefalo.


(...) A proposito di nomi evocativi, non posso tacere il fascino del Pian Perduto a giugno, durante la fioritura dei legumi della Piana di Castelluccio, famosa appunto per la lenticchia.
Un altro luogo meraviglioso è Macereto, con il suo maestoso santuario rinascimentale immerso nel silenzio.
Qui vicino c'è Cupi, patria di Girolamo Varnelli, erborista e farmacista, fondatore dell'omonima distilleria.

fonte: Valentina Conti, Corriere Adriatico, 18 marzo 2012

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