mercoledì 7 novembre 2012

In meditazione sul tetto d'Europa



Una fulgida giornata di settembre, il granito del Monte Bianco, una scalatrice che si bilancia su un'aerea torre di roccia: un set perfetto per un servizio fotografico di grande impatto. L'idea è venuta al fotografo Lukasz Warzecha, che vive nel Derbyshire, in Inghilterra.

Avendo visto sul blog della scalatrice slovena Martina Cufar un'immagine che la ritraeva mentre faceva yoga, le ha chiesto di ambientare le sue evoluzioni a oltre 3.500 metri, ai piedi del tetto d'Europa, tra Arête des Comsmiques all'Aiguille du Midi e Aiguillette d'Argentiere. Le immagini, che si possono ammirare sul sito di Warzecha, www.lwimages.co.uk, stanno facendo il giro del mondo.

In molti sognano una simile location per dedicarsi agli esercizi preferiti. E Chamonix si farà un po' di pubblicità. Negli ultimi anni sulle montagne ne abbiamo viste di tutti i colori. C'è chi ha steso delle fettucce tra le Cime di Lavaredo in Dolomiti o su Lost Arrow in Yosemite e si è incamminato bilanciandosi in equilibrio nel vuoto e chi, saltellando in bici, ha pensato di scalare l'Everest, qualcun altro ha improvvisato degli strip tease in alta quota e altri ancora si sono gettati dalle vette con una tuta alare, sfiorando le pareti alla velocità di un caccia.



Solo spettacolo.La meditazione e lo yoga erano di gran moda negli anni Settanta, ai tempi in cui, carica di suggestioni californiane, la nuova arrampicata sportiva stava approdando alle Alpi. Allora i climber leggevano Castaneda e Daumal, non disdegnavano l'erba e andavano a dormire nelle grotte della Valle della Luna, presso Capo Testa, in Sardegna, per compiere, prima di iniziare la scalata, sedute di meditazione davanti al sole che sorgeva.

Le vie di roccia avevano nomi trasparenti, che alludevano ad avventure mistiche: Risveglio di Kundalini, L'alba del Nirvana, Oceano irrazionale, Nuova dimensione. Oggi il clima è completamente mutato. Sospinta ai livelli estremi, l'arrampicata è sempre più fisica, lo scalare corrisponde a un gesto atletico e il climber assomiglia ormai a un palestrato. Muscoli, potenza, scatto, volteggio, prestazione descrivono la gestualità dei nuovi arrampicatori, che hanno relegato il meditare in soffitta, fra le buone cose del modernariato alpinistico.



Dunque, se lo yoga, compreso quello in altitudine, può far parte delle abitudini degli alpinisti, come di qualsiasi altro appassionato, non sembra però caratteristico della stagione che sta vivendo la montagna.Warzecha è uno straordinario fotografo, che ha realizzato scatti di alpinisti di punta e di sportivi di altre discipline nei quattro angoli del globo. Ciò che lascia perplessi nei suoi ultimi, splendidi lavori sul Bianco è che in essi manca la verità della montagna. L'azione è sostituita dalla posa e a prevalere su tutto è la coreografia. Quello che gli invidiamo sono il Monte Bianco, quella splendida luce autunnale, la solitudine del fuori stagione, il sole ancora caldo in quota. Ma tutto questo, per fortuna, è anche alla nostra portata: con o senza vuoto, con o senza yoga. In fondo ascesa non deve necessariamente coincidere con ascesi.

FRANCO BREVINI, Corriere della Sera, 6 novembre 2012

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