sabato 19 aprile 2014

Giusto delle nazioni




"Il giusto delle nazioni Karol Wojtyla è certamente un uomo destinato da Dio ad assomigliare maggiormente alla sua immagine. Che il ricordo dei giusti sia di benedizione per tutti noi". E' un passaggio del ricordo di papa Giovanni Paolo II, prossimo alla canonizzazione con Giovanni XXIII, il 27 aprile in Piazza San Pietro, nelle parole del rabbino capo emerito di Roma, Elio Toaff, dettate in esclusiva a Adnkronos. Più che un'intervista, l'emozionante racconto di un incontro tra uomini di fede i cui percorsi erano destinati a incrociarsi.

"Nella Pasqua ebraica del 1987 - dice Toaff - Papa Wojtyla mi scriveva perché mi facessi portavoce presso la mia Comunità dei suoi voti volti a proseguire insieme, ebrei e cristiani, nel cammino della libertà e della fede nella speranza, con la gioia che è nei cuori durante la grande solennità pasquale. 'Ricordiamoci in ogni momento della nostra vita', sottolineava Papa Giovanni Paolo II, 'che l'uomo è fatto a immagine di Dio'. Il giusto delle nazioni Karol Wojtyla è certamente un uomo destinato da Dio ad assomigliare maggiormente alla sua immagine. Che il ricordo dei giusti sia di benedizione per tutti noi".

"E' scritto nel Talmud - ricorda Toaff -: 'Ogni generazione conosce l'avvicendarsi di 36 uomini giusti, dalla cui condotta dipendono i destini dell'uomo. Sono questi i giusti delle nazioni, che portano in sè più degli altri la shekhinah, la presenza di Dio'. Sono i giusti che ci indicano la via del bene, avendo dedicato la loro vita al servizio del prossimo e alla gloria dell'Eterno. Nell'ebraismo, come è noto, non ci sono santi, ma soltanto giusti, e la canonizzazione di un santo è un fatto interno della Chiesa cristiana. Ma noi ebrei in questo momento vogliamo sottolineare che niente si attaglia meglio alla figura di Giovanni Paolo II della qualifica di giusto".

Durante il suo pontificato, Karol Wojtila agì concretamente per un riavvicinamento tra Chiesa ed Ebraismo, già avviato proprio da Giovanni XXIII, che nel 1959 benedì gli ebrei che un sabato uscivano dal Tempio maggiore e volle la soppressione dell'espressione "perfidi giudei" nella liturgia del Venerdì Santo. Ma fu Giovanni Paolo II a compiere un passo irreversibile nella distensione dei rapporti tra cattolici ed ebrei, poi sancita con la dichiarazione conciliare Nostra aetate, con la visita del 13 ottobre 1986 alla Sinagoga di Roma, primo pontefice a pregare in un tempio ebraico.

Elio Toaff non ha dimenticato e ricorda altre pagine di quel particolare capitolo della storia del papa polacco. "Per gli ebrei le visite simboliche di papa Wojtyla alla Sinagoga di Roma - ricorda il rabbino Capo Emerito -, al campo di sterminio di Auschwitz e al Muro Occidentale del Tempio a Gerusalemme, hanno segnato come pietre miliari il percorso che egli con coraggio e fermezza ha inteso compiere come atto di sincero affetto e comprensione nei confronti del popolo di Israele e di riparazione per le sofferenze e i torti inflittigli nel corso della storia e culminati nella tragedia della Shoah".

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