sabato 26 aprile 2014

Il coerente



La Vergine Maria s’inserisce in quella lunga fila di uomini e donne della storia che hanno detto sì a Dio e che nella loro vita hanno portato avanti questo atteggiamento di obbedienza. Una fila di uomini e donne che iniziò il giorno in cui il nostro padre Abramo uscì di casa senza sapere dove andava. Ubbidì e credette. E oggi, solennità dell’Incarnazione del Verbo, il Figlio di Dio inizia anche lui questo cammino storico. Esce, insieme al Padre, per fare la sua volontà.

«Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato... Allora ho detto: Ecco, io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà». E Maria a sua volta dice: «Si faccia di me secondo la tua parola». Atteggiamento di obbedienza di un viandante, di una viandante, di chi inizia a percorrere il cammino; e nel caso del Signore, atteggiamento di obbedienza profetizzata in Isaia: «La Vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, che vuol dire Dio con noi». 

Dio si mette in questa carovana umana, si mette in questo cammino e continua ad avanzare con noi, e Dio si mette tra le fessure della nostra esistenza, è uno come noi. Il Verbo è unto, e prima di essere unto con l’olio dell’elezione, è unto con la nostra carne «per fare la tua volontà» e così inizia il cammino di Cristo. «Per fare la tua volontà» e alla fine, nelle ore più critiche della sua vita, quando sta per essere arrestato, sente una profonda agonia nella solitudine del monte e nella solitudine del suo cuore: «Padre, non si faccia la mia, ma la tua volontà». Coerenza di obbedienza di una vocazione. Coerenza di chi si sente chiamato e obbedisce alla chiamata e cammina secondo questa chiamata, ed è uno che cammina con noi. Vicinanza, prossimità di Dio che cammina con noi.

Io sono stato mandato, sono stato unto con l’olio della gioia, dice il Signore. Per liberare i prigionieri, per dare la vista ai ciechi, per curare i lebbrosi, per far camminare gli storpi. Unto per camminare accanto a ogni limitazione umana, a ogni gioia umana, a ogni miseria umana; unto con l’autorità di servizio di chi è venuto a camminare, a essere Emmanuele, Dio con noi per servire. L’atteggiamento di obbedienza di Cristo: «Tu mi hai creato un corpo, e io sono venuto per fare la tua volontà» è il fulcro della coerenza, e non intendo solo la coerenza cristiana, ma anche quella umana. Dio ha voluto essere coerente e traccia per noi il cammino della coerenza. Maria è coerente e traccia per noi il cammino della coerenza, fa ciò in cui crede, proclama ciò in cui crede, realizza ciò in cui crede. E la sua non è solo una coerenza trascendente, ma è dentro di lei. Cristo pensa coerentemente perché pensa quello che sente e quello che fa. Sente coerentemente perché sente quello che pensa e quello che fa. Opera coerentemente perché fa quello che sente e quello che pensa. Coerenza di obbedienza, coerenza trasparente, coerenza che non ha nulla da nascondere, coerenza che è pura bontà e che vince il male con quel bene coerente dell’essersi offerto «per fare la tua volontà», dice al Padre. 

E in questa festa dell’Annunciazione del Signore ricordiamo un altro grande coerente. Dice la scrittrice argentina il cui testo abbiamo letto all’inizio della messa: con questo coerente «finisce il XX secolo». Giovanni Paolo è stato semplicemente coerente, non ha mai ingannato, non ha mai mentito, non ha mai svicolato. Giovanni Paolo ha comunicato con il suo popolo, con la coerenza di un uomo di Dio, con la coerenza di chi tutte le mattine trascorreva lunghe ore in adorazione, e poiché adorava si lasciava armonizzare dalla forza di Dio. La coerenza non si compra, la coerenza non si studia in nessuna facoltà. La coerenza si forgia nel cuore con l’adorazione, con l’unzione al servizio degli altri e con una retta condotta. Senza bugie, senza inganni, senza falsità. Gesù ha detto una volta incontrando Natanaele: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Credo che possiamo dire lo stesso di Giovanni Paolo, il coerente. Ma era coerente perché si è lasciato modellare dalla volontà di Dio. Si è lasciato umiliare dalla volontà di Dio. Ha permesso che crescesse nella sua anima quell’atteggiamento di obbedienza che ebbe il nostro padre Abramo e dopo di lui tutti coloro che lo seguirono. 

Ricordiamo un uomo coerente che una volta ci ha detto che questo secolo non ha bisogno di maestri, ma di testimoni, e il coerente è un testimone. Un uomo che mette in gioco tutto se stesso, e con tutto se stesso e con l’intera sua vita, con la sua trasparenza, avalla ciò che predica. Nel giorno della proclamazione di questa coerenza di obbedienza nell’incarnazione del Verbo guardiamo a questo coerente. Quest’uomo che per pura coerenza si è infangato le mani, ci ha salvati da un massacro fratricida; questo coerente che gioiva prendendo in braccio i bambini perché credeva nella tenerezza. Questo coerente che più di una volta ha fatto venire gli uomini di strada, quelli che qui chiamiamo linyeras , da piazza Risorgimento, per parlare loro e dare loro una nuova condizione di vita. Questo coerente che quando si è ripreso ha chiesto il permesso per andare nel carcere a parlare con l’uomo che aveva cercato di ucciderlo. È un testimone. Concludo ripetendo le sue parole: «Il mondo di oggi ha tanto bisogno di testimoni. Non tanto di maestri, ma di testimoni». E nell’incarnazione del Verbo Cristo è il testimone fedele. Oggi vediamo in Giovanni Paolo un’imitazione di quel testimone fedele. E rendiamo grazie perché ha concluso la sua vita così, coerentemente, perché ha concluso la sua vita semplicemente come un testimone fedele.

JORGE MARIO BERGOGLIO

Buenos Aires, 4 aprile 2005

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