Sto collaborando a programmi Rai su Giovanni Paolo II e, oltre alla
gioia di rivivere quei momenti, ascolto testimonianze di chi l’ha
conosciuto. Fra questi c’è il professor Stanislaw Grygiel che
accompagnava Karol nelle gite in montagna con i suoi allievi, mettendo a
punto le tesi universitarie. Un giorno Stanislaw non si era portato da
mangiare e Wojtyla con discrezione spezzò a metà il suo panino e gli
dette il suo tè da bere. Un dettaglio piccolo ma eloquente.
Una volta sposato, Grygiel invitava spesso a cena il neo vescovo di
Cracovia che arrivava stanco e sul tardi. Una volta i bambini erano già a
letto e Karol restò contrariato; dopo qualche minuto si alzò, li
svegliò e ingaggiò una battaglia a cuscinate. Poi rimise i bambini a
dormire e tornò rasserenato a cenare. Sono episodi che gettano una luce
sulla personalità di quel Papa che avrebbe stupito il mondo con i suoi
gesti così umani e divini a un tempo. Dio è nella vita di tutti i
giorni, non solo nei momenti interamente dedicati alla preghiera, e
Wojtyla lo faceva capire con il suo stile. Rideva di gusto guardando i
piccoli, le sue riunioni di lavoro erano serie ma divertenti.
Quando Montanelli andò a cena da lui descrisse il suo sguardo come
«sciabolate d’azzurro». L’ho visto ridere alle lacrime mentre un
universitario interpretava la parte del pagliaccio in un incontro con
studenti nel pomeriggio di Pasqua. Il Papa parlava di Dio anche senza
parole. Mi ha aiutato a semplificare e a consolidare il mio rapporto con
Gesù.
Pippo Corigliano
Nessun commento:
Posta un commento