mercoledì 3 agosto 2016

St. Moritz: quando si sturavano in quantità bottiglie di sciampagna a settanta franchi l’una




St. Moritz era in origine un piccolo borgo ladino e ancora oggi il romancio è la lingua che s’impara per prima nelle scuole elementari engadinesi. Ora è una cittadina di circa duemilacinquecento abitanti, nell’ultimo decennio piuttosto diminuiti che aumentati. Una splendida cittadina che può contenere venti, trentamila persone e che offre ogni svago, ogni sport, nella doppia stagione estiva e invernale.



Il guaio è che dietro il mondo che frequentava St. Moritz c’era appunto una concezione della vita, una Weltanschauung (riflesso senza dubbio d’una situazione economica), che oggi sta scomparendo; e ormai questo impareggiabile borgo engadinese, se non manca di clienti occasionali, viene a mancare dei suoi clienti più tipici e più naturali: coloro per i quali l’Engadina era soprattutto un fatto spirituale. Erano clienti ricchi, naturalmente; ma ricchi non soltanto di quattrini. Gli uomini, tanto per intenderci, e le donne che incontriamo nel diario di Maria Baskirtseff e nei romanzi di Henry James e del suo seguace Maurice Baring. Mondo prebellico che ha fatto un ultimo tentativo di ricomparsa negli anni che vanno dal ‘27 al ‘30 e che poi si è dissolto dopo i cracks di Wall Street e dopo l’avvento dei vari totalitarismi (...) Chi faccia in una di queste mattine il giro del lago di St. Moritz incontra un po’ dovunque camerieri e maître d’hôtel in marsina che passeggiano malinconicamente evocando i tempi eroici dei grandi clienti (Morgan junior, i Rothschild) e dei grandi cuochi (Escoffier, Mazzetti); tempi in cui il semplice «coperto» in uno dei grandi alberghi (i big live di qui) costava varie decine di franchi e si sturavano in quantità bottiglie di sciampagna a settanta franchi l’una. Tempi tramontati forse per sempre.






Qualcuno è ancora chiuso, altri aprono i battenti con due o tre clienti appena. Non manca e non mancherà in piena estate la gente di passaggio, ma a quanto si può prevedere solo una distensione nelle condizioni della vita internazionale, solo un ritorno abbastanza lungo e durevole al mito e alla realtà della prosperity potrebbero permettere la formazione di una società in cui «l’aria dell’Engadina» entri come una componente necessaria.




Eugenio Montale


fonte: Corriere della Sera, 31 luglio 2016

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