sabato 26 novembre 2016

Castelluccio: il gioiello




Celebrata da secoli per le lenticchie e per la spettacolare fioritura di giugno-luglio in tempi più recenti. Un luogo unico, un mix di bellezza e di lentezza, un sito incantato, fuori dal tempo e quasi dallo spazio. Un borgo di montagna, antico, circondato da vette imponenti e immerso in una luce abbagliante. Uno di quelli che si trovano solo nel Centro Italia, e in particolare nella dorsale Appenninica, tra i territori del Parco Nazionale d'Abruzzo e dei Monti Sibillini, tra vallate oggi tanto belle quanto drammaticamente instabili. Situata ad oltre 1.450 metri a dominare un vasto altipiano, che supera i 1.300 metri, sovrastata da alcune delle vette più alte dei Sibillini, in particolare dai 2.448 metri del Redentore, Castelluccio di Norcia, che il terremoto  ha devastato secondo una prima stima al sessanta per cento, è tutto questo e anche di più. Un gioiello che si spera torni a risplendere al più presto.


Sono le Forche, una a Nord, una a Sud-Est e una a Sud-Sud Ovest, a delineare al meglio l'identikit spazio-temporale di un sito che lascia senza fiato alla prima foto che si ha occasione di guardare, per non parlare dell'effetto live. I tre passi sono le uniche vie d'accesso alla frazione, dove fino ad oggi vivevano circa 120 anime. La Forca di Presta la collega, a Est-Sud Est, con Arquata e la valle del Tronto, nelle Marche. A Nord, la Forca di Gualdo conduce a Castelsantangelo sul Nera e a Visso. La strada per Forca Canapine è il collegamento con il suo "capoluogo", Norcia. I nomi degli abitati vicini la dicono lunga su quanto il sito che come tale esiste circa dal tredicesimo secolo sia nel cuore del contagio sismico in atto: il terremoto del 24 agosto ha colpito non più di 10 chilometri a Sud (leggasi Arquata del Tronto); quello del 26 ottobre ad una distanza simile, a Nord (Visso); l'ultimo, il più violento della serie, si è infine propagato da un punto posto ad appena 5 chilometri a Ovest dal borgo.Le stesse coordinate geofisiche che sintetizzano quanto l'ondata sismica abbia colpito forte, e allo stesso tempo raccontano le mille difficoltà di chi doveva soccorrere la popolazione, e di chi, tra questa, ha scelto di trascorrere una notte all'addiaccio a 1.400 metri, sono le ragioni prime dell'unicità e dell'incanto del sito. Per raggiungere il capoluogo Norcia da Castelluccio, servono almeno 30 minuti d'auto; più o meno lo stesso per scendere ad Arquata del Tronto o a Visso. In mezzo, un altopiano di cui l'antico borgo - e la sua base "moderna" di attività commerciali, costruita ai suoi piedi, lungo la strada provinciale - sono l'unico insediamento umano visibile. Una percezione di vastità e di silenzio che è raro trovare nei sovraffollati Paesi del Vecchio Continente, se non in altissima montagna; un infinito entro il quale l'unico altro segno del passaggio dell'uomo, se si eccettuano i pochi veicoli in transito e qualche capannone agricolo, sono le geometrie dei campi di lenticchie.




Già, il legume che è uno degli alimenti più antichi dell'uomo qui ha raggiunto vertici assoluti. Complice appunto il clima, che riesce a essere estremamente freddo per molti mesi (con innevamento da novembre ad aprile) ma anche molto caldo per un periodo estivo sufficientemente lungo, le lenticchie di qui - marchio IGP - sono le migliori del mondo. Apprezzate sia dal punto di vista organolettico, che da quello nutrizionale - le peculiari ricchezze di ferro, di vitamine e di fibra dell'alimento sono qui ai massimi termini - e persino da quello culinario, perché la consistenza peculiare e buccia sottile accorciano i tempi di cottura, normalmente infiniti. I 20 chilometri quadri di campi producono poche centinaia di quintali di lenticchie, ma si tratta di un prodotto top class conosciuto persino in Giappone. Ma non è tutto. I campi di lenticchie non si limitano ad alimentare una fama enogastronomica che già basterebbe ad attirare il turismo a tema. Quegli stessi rettangoli, che si ritiene  esistano da quando le prime famiglie, nel Medioevo, si insediarono e ampliarono il preesistente castello, sono i protagonisti involontari di un fenomeno unico al mondo: la Fiorita. In modo del tutto estraneo alla volontà dell'uomo o a un suo progetto, a tarda primavera, nel periodo che precede la raccolta dei legumi, i campi assistono allo sbocciare, a ondate, di fiori che imprimono all'intera piana una fisionomia in continuo divenire, fatta di colori e di pattern geometrici. Dall'iniziale dominante verde, il tono vira verso il giallo, poi sul rosso e infine sul blu. I tre protagonisti della mutazione sono i fiori di una colza, i papaveri e i fiordalisi. Il tutto si manifesta, con modalità mai identiche, anno dopo anno, tra la fine di maggio e la prima metà di luglio: per esempio nel 2015 non s'è quasi visto rosso, mentre quest'estate i papaveri erano protagonisti indiscussi in quella stessa prima decade di luglio in cui un anno prima comandavano i fiordalisi. I fiori sono l'esternazione delle rispettive piante coabitanti, quelle che nel corso dei secoli si sono conquistati territori più o meno vasti nei diversi campi, dove convivono con le leguminose. Ma non finisce qui. Attorno ad un set che non ha eguali, sulle pendici ondulate dei monti, ha simultaneamente luogo la fioritura tradizionale, che il microclima della vallata rende particolarmente eterogenea per quantità di specie e sfumature di colore. Impagabile il contrasto tra l'apparente disorganizzazione dei prati e la geometria perfetta dei campi, che si stenta a credere non essere il frutto di un disegno, di una mano superiore.


L'orografia del sito, la presenza stessa del borgo, con annesse possibilità di prospettiva (visuale e fotografica) del paese visto dai campi, dei terreni osservati dall'abitato e, per chi pratica trekking, anche da 2mila metri e oltre dei Sibillini, e infine la particolarissima luce, fanno il resto. Negli ultimi anni, la frazione, che comunque è parte del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, ha visto via via crescere il numero di frequentatori. In particolare in quei 30-40 giorni di inizio estate, soprattutto nella fase finale e grazie al tam tam dei social che oggi svelano real time quando la Fiorita è al picco: una piccola folla di turisti e di fotografi si riversa sulla piana e sulle due strade che la attraversano, trasformandole in un immenso set cinematografico: decine di persone alle prese con cavalletti o selfie a puntellare la via maestra e i vicoli sterrati che attraversano i campi. Nei weekend delle ultime stagioni, parcheggio e transito nella tratta di strada che attraversa i campi più vicini al borgo sono stati regolamentati, anche se la posizione della vallata - lontana non solo dagli insediamenti limitrofi, ma da autostrade, linee ferroviarie e grandi città - ha finora agito da deterrente sul vero e proprio turismo di massa.


Ma Castelluccio e la sua piana hanno attrattive e bellezza da vendere tutto l'anno. D'inverno, ad esempio,  l'innevamento le fa molto apprezzare dagli amanti delle escursioni a cavallo, in realtà praticabili tutto l'anno, grazie ai maneggi in loco. Tra i massimi ammiratori della piana ci sono inevitabilmente i trekker, i cicloturisti e i mountain biker. Tra gli amanti della Piana non vanno poi dimenticati gli appassionati di volo libero. Anche in questo caso il merito è di quel mix di posizione, orografia e conseguente microclima che così fortemente hanno contribuito a connotare il sito. In questo caso la conformazione della conca, vastissima e quasi piana, l'assenza di alberi e la presenza delle famose correnti ascensionali che prolungano all'infinito la discesa a valle, tutto contribuisce a rendere particolarmenti piacevoli, sicure e appaganti le trasvolate: accade così che nelle giornate di inizio estate, quando il crepuscolo è alle porte, il lungo rettilineo panoramico che dal borgo si dirige verso Forca Canapine, si spopoli all'improvviso, eccezion fatta per i fotocacciatori professionali di tramonti e per gli uomini-kite. Nella piana confluiscono freerider da tutta Europa, alcuni arrivano all'improvviso, come accade nelle località di mare adatte a praticare surf, quando gli irriducibili fiutano condizioni climatiche favorevoli alla pratica dello sport che amano. Ma esiste anche una pratica organizzata, con operatori locali che noleggiano attrezzature e organizzano corsi di volo ad ogni livello.

Creata intorno al tredicesimo-quattordicesimo secolo, Castelluccio è rimasta sostanzialmente immutata da allora - è vero, molte case sono relativamente recenti, ma costruite nel rispetto dell'originale e senza alterare di fatto l'impianto urbanistico "a fuso", quello tipico dei paesi arroccati, con gli edifici maestri sul vertice e tutto a confluirvi. La Chiesa di Santa Maria Assunta, crollata, è del sedicesimo secolo; nel borgo c'è un'altra chiesa, sconsacrata e oggi nota come Oratorio, già citata da fonti trecentesche. Al di là dell'anagrafe e dell'adesione effettiva di qualche edificio al modello originale su cui è stato ricostruito negli anni recenti - case e attività turistiche ricavate da stalle, ad esempio - Castelluccio rappresenta - non bisogna parlare al passato - uno di quegli insediamenti-modello nei quali la piccola comunità è riuscita per secoli a convivere ed amministrare un territorio, migliorandolo in una sorta di circolo virtuoso di simbiosi tra uomo e natura. Un'armonia che ha resistito persino alle lusinghe del turismo. Da difendere con tutte le forze, ora che l'insidia, data anche l'esiguità dei numeri umani in questione, si chiama borgo fantasma.

fonte: Arturo Cocchi, La Repubblica




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