mercoledì 5 luglio 2017

Il mistero di Dio nei suoi occhi

fonte: Corriere delle Alpi, 4 luglio 2017

«Giovanni Paolo II ti guardava negli occhi e ti faceva percepire il mistero di Dio. Quando lo incontravi, sconvolgeva tutto il tuo mondo interiore». Mons. Attilio Zanderigo, arciprete della cattedrale di Belluno, con Giovanni Paolo II ha avuto un rapporto intenso e prolungato negli anni (dal 1978 al 1996), avendolo potuto incontrare in più occasioni sia a Roma che in Comelico. Ma ogni volta, spiega, è stata speciale. E l’emozione di oggi, mentre racconta, è pari a quella di ieri, nella consapevolezza di aver potuto avvicinare un santo. 

«L’incontro più bello? Senza dubbio nel 1996. Il 13 luglio io, mia madre Barbara De Lorenzo Gardinal e Clelia Gasperina Naina, una signora che lavorava al rifugio Lunelli, siamo andati a Collesei.
La “soffiata” era arrivata da quelli del Rifugio Berti, che mi avevano telefonato per dirmi: “Pare che ci sia il Papa, se viene su forse riesce a incrociarlo”. La meta della passeggiata era appunto Collesei, dove si trova un bel punto panoramico, che allarga lo sguardo su tutta la Pusteria. Partiamo, io con la mia veste, così che ogni volta che incrociavamo qualcuno mi nascondevo per evitare che i turisti sospettassero la presenza del Papa, vedendo un prete in abito talare. A un certo momento appare una macchina con Joaquin Navarro-Valls, il portavoce del Papa, segno che stava arrivando anche il Pontefice. Ed eccolo, si ferma, si avvicina, chiede se sono della Diocesi di Bolzano o di Belluno e chi sono le due donne che mi accompagnano. Mia madre, orgogliosa e molto emozionata, gli conferma che non solo è una mia parrocchiana, ma che è anche mia madre. E io soggiungo: “Santo Padre sono stato ordinato da lei a Roma”. E lui prontamente mi dice: “Molto onorato”. Io a quel punto non riesco che a balbettare “Guardi che quello onorato sono io...”. Poi il Papa benedice tutti e si allontana».

Passano appena due giorni, è il 15 luglio, un lunedì mattina: don Attilio è in canonica con due ospiti di Livorno, quando lo chiama un suo conoscente di Campitello e gli dice che il convoglio delle automobili al seguito del Papa è appena passato e che, se si mette sulla strada, lo può veder transitare. Detto fatto, don Attilio si precipita in strada e dopo poco vede arrivare 4/5 macchine e poi quella del Papa, che è sul sedile posteriore e sta leggendo. La figura del Santo Padre, con l’abito candido, non può sfuggire a don Attilio anche se chi lo accompagna, accanto al guidatore, apre d’improvviso un grande quotidiano, quasi a fare da schermo, a proteggere il Papa da quel piccolo gruppetto di curiosi sul ciglio della strada. Il convoglio procede verso la meta di quel giorno, il lago dei rospi che si raggiunge dal Passo Monte Croce Comelico. «Alla sera», racconta ancora Mons. Zanderigo, «dovevo celebrare la messa alle 18.30 nella chiesa di Candide, ma vedo che si sta affollando un mucchio di gente sulle due rampe che, dalla strada, conducono al sagrato della parrocchia. Allora vado anch’io a vedere cosa stesse succedendo: si era sparsa la voce che sarebbe passato il Papa. Così decido di mettermi anche io ad aspettare. Ecco che da distante, in prossimità del ristorante “Il Tobolo”, vedo arrivare due vedette in motocicletta, collegate via radio con le macchine al seguito. Precedono il corteo che deve rallentare la marcia visto la gente che affolla la strada. Ed ecco che proprio davanti a me la macchina si ferma, il Papa mi vede e con la mano mi fa cenno di scendere, di avvicinarmi. Io corro, mentre la scorta fa un cordone per tenere ferma la folla che spinge verso la macchina. Ricordo come fosse ora che il Papa aveva un piccolo ematoma al dito, poi so che mi ha detto qualcosa, ma io per quanti sforzi abbia fatto, da allora non ricordo nemmeno una parola. Ero completamente rapito dagli occhi buoni di questo uomo. Appena mi scosto dalla macchina, il segretario particolare don Stanislaw Dziwisz mi chiama e mi dice: “Ma tu eri già qui questa mattina a salutare il Papa quando siamo passati, allora ti meriti questo”, e mi mette in mano una coroncina del rosario. Intanto era in corso il consiglio comunale e tutti i consiglieri sono usciti sul balcone. Il Papa si ferma cinque minuti, poi il corteo riparte e la folla si disperde commentando l’evento “Toccare il Papa a Candide, incredibile!”. Io dovevo celebrare la messa e cerco di rientrare in chiesa, ma un gruppo di giornalisti mi ferma. Cosa vi siete detti, mi chiedono quasi all’unisono. Saperlo, penso tra me. Proprio non ricordo nulla, e nemmeno sono capace di iniziare la messa. Solo dopo essermi seduto mi ritornano le parole della liturgia, tanto è stato l’impatto emotivo di questo incontro con il Santo Padre».

Eppure non era la prima volta che Mons. Zanderigo incontrava Giovanni Paolo II. «Da giovane seminarista a Roma, dal 1978 al 1985», ricorda, «più volte mi è capitato di servire messa nella Basilica di San Pietro e anche di fare il diacono per lui. Lo osservavo mentre si preparava alla messa, mentre indossava i paramenti e, nel silenzio unico della sacrestia, volgeva frequenti sguardi al crocifisso. Faceva percepire il mistero di Dio quando lo si incontrava, perché lui aveva questo rapporto del tutto particolare con il Signore e sconvolgeva tutto il tuo mondo interiore quando ti guardava negli occhi».

Ed esattamente dopo due anni dall’ordinazione sacerdotale, l’allora don Attilio, in vacanza a Candide dalla mamma, ritrova Papa Giovanni Paolo II nel corso della sua prima vacanza in Cadore. Si incontrano sopra Casamazzagno. «Quel giorno, era il 13 luglio 1987, ero in vacanza a trovare mia madre», racconta, «e avrei dovuto celebrare la messa alle 17.30 a Casamazzagno; ero in Canonica da don Giuseppe De Cassan (compagno di studi di Giovanni Paolo I) e arriva una telefonata: “Il Papa sta arrivando a San Leonardo”. “Chissà se sarà vero?”, mi dice don De Cassan. E io replico: “Se è vero e non ci andiamo è un peccato perché perdiamo un’occasione unica”. E la messa? “La celebrerò dopo, tanto adesso mi sa che in chiesa non viene nessuno”. E partiamo su per i sentieri fino alla chiesetta di San Leonardo, dove troviamo anche Silvano Zambelli, il fotografo di Candide. E mentre decidiamo di salire incontro al Papa, Camillo Cibin, capo della Vigilanza Vaticana ci dice: “Non occorre che andiate su, mettetevi lì, se il Papa vede due preti si ferma di sicuro” . Dopo un po’arriva la macchina con il Papa. Che emozione rivederlo lì, in questi nostri boschi così periferici, così lontani da Roma e dal Vaticano. Il Papa scende dalla macchina, don Giuseppe lo saluta e gli dice: “Abbiamo molto pregato per la venuta di Vostra Santità”. Il Papa lo ringrazia e lo abbraccia, chiede di me, si appoggia allo sportello della macchina, domanda alla gente delle attività lavorative del posto, dà la mano a tutti, saluta i bambini, ne prende uno in braccio. Poi risale in macchina e parte. Noi, con don Giuseppe, corriamo giù per i prati per andare a suonare le campane, ma siamo bloccati dalla scorta. Un attimo e 
poi come d’incanto ecco il suono delle campane: sono però quelle di San Leonardo che accolgono il Papa di Roma. Alla fine raggiungiamo la chiesa di Candide e i rintocchi solenni del concerto delle campane si diffondono in tutta la vallata. Che emozione, quella notte non ho chiuso occhio».

Stefano Vietina

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