Sotto il profilo meteorologico, l’estate del 2017
verrà ricordata per il caldo torrido che ha caratterizzato la maggior parte
delle giornate di giugno, luglio e agosto e per l’assenza di precipitazioni
significative.
La ricerca del refrigerio ha spinto gli abitanti della
Vallesina verso le mete tradizionali: in primo luogo la costa adriatica ma
anche le alture dell’entroterra.
Il monte San Vicino, con i suoi 1480 metri, ha offerto
una soluzione “low cost” per quanti non hanno potuto raggiungere le località
alpine.
Quest’anno, per di più, il San Vicino è assurto a
maggior notorietà per essere stato incluso tra le tappe della tournèe musicale
di RisorgiMarche, promossa dall’attore Neri Marcorè.
D’altra parte, per chi risiede a Jesi e nei Castelli,
l’inconfondibile profilo montano “a forma di elmo”, rappresenta un riferimento
familiare durante le varie stagioni dell’anno.
Insieme alla Gola della Rossa, il San Vicino
costituisce il fondale naturale della vallata del fiume Esino ed è
particolarmente apprezzato per la suggestione dei paesaggi e la ricchezza dei
boschi, meta di frequenti escursioni domenicali.
Non a caso, il monte ha ispirato, nel corso dei
secoli, pittori e poeti della nostra terra.
Il cuprense Luigi Bartolini, celebre autore di “Ladri di biciclette” gli dedicò, nel
1959, un nostalgico racconto dal titolo "Se scoppiasse una nuova guerra":
“E', tale, la montagna che, nelle Marche, sa
d'eliconio Parnaso; io lo conosco di già, da tanti anni: da quando ero
fanciullo. Oh, come lo conosco bene per il suo lungo ed il suo largo! Nonché
per i suoi mille metri d'altezza sopra il paese di Frontale”.
Ma il San Vicino è anche luogo di spiritualità, legato
indissolubilmente alla storia dei Camaldolesi e al loro fondatore San Romualdo
che a Valdicastro morì attorno al 1027.
Meno conosciute, ma altrettanto significative, sono le
memorie di impronta francescana che si possono scoprire nel territorio del
monte.
Un’antica tradizione accredita la presenza di San
Francesco d’Assisi in una grotta, a doppio ingresso, situata sul versante sud occidentale alla
quota di circa 1250 m, al di sopra della fascia rocciosa che si erge al
limitare del bosco.
Un
ambiente angusto, di quattro o cinque metri di profondità ed altrettanti di
altezza, raggiungibile da Elcito mediante il sentiero n. 173 B.
Non
esiste prova certa del passaggio del Santo, ma è quanto mai attendibile la presenza dei
suoi seguaci nella zona.
Il
capitolo 42 dei Fioretti - testo
mirabile della prima letteratura italiana composto alla fine del Trecento –
racconta la vicenda miracolosa di Frate Bentivoglia di San Severino il quale “dimorando ad Trave Bonanti (Ponte la
Trave, a sud di Camerino), solo, ad
guardare et servire ad uno lebbroso, avendo comandamento dal prelato (di) partirsi quivi et andare a un altro luogo, lontano da quello quindici
miglia, non volendo abbandonare lo lebbroso, con gran fervore di carità se lo
puose in su la spalla, portandolo da l’aurora fino al levare del sole per tutta
quella via di quindici miglia, fino al detto luogo ov’era mandato, che si
chiama monte San Vicino: quale viaggio, essendo stato un’aquila, non aria
possuto sì presto volare. Et di questo divino miracolo fu sì grande stupore e
ammirazione ad tutto quel paese (codice Bibl. SS. Apostoli.ms.XIV.C.XXI. ,
a cura di Mariano da Alatri).
Nel
XIV secolo, una comunità di Clareni (impegnata, su impulso del predicatore
Angelo Clareno, per il ritorno alla stretta osservanza della regola
francescana,) si insediò nell’eremo di San Giacomo a Braccano, località situata
sul versante matelicese del monte.
Nell’aprile del 1529,
alle pendici del San Vicino in località Acquarella, si svolse il primo capitolo generale dei frati Cappuccini,
durante il quale vennero redatte le costituzioni della nuova congregazione,
nata a seguito di una scissione dal movimento francescano dell’Osservanza.
Nella tradizione religiosa universale, la salita in
montagna viene considerata come il simbolo dell’ascesi, un viaggio interiore che richiede coraggio e resistenza, capacità
di ascolto e di silenzio, solidarietà e fiducia in se stessi e nei compagni
che, insieme con noi, condividono la fatica del sentiero.
Al termine del
periodo estivo, l’augurio è che possiamo sperimentare del salmista: “Sollevo gli occhi verso i monti: da dove mi
verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra” (Salmo
121).
Mauro Torelli (Voce della Vallesina, 3 settembre 2017)
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