domenica 17 marzo 2019

Collage invernale dai Monti Azzurri

Monte San Vicino (m. 1480), 13 gennaio 2019





Monte Catria (m. 1701), 24 febbraio 2019

«Tra ’ due liti d’Italia surgon sassi,
e non molto distanti a la tua patria,

tanto che ’ troni assai suonan più bassi, 


e fanno un gibbo che si chiama Catria,

di sotto al quale è consecrato un ermo,
che suole esser disposto a sola latria»


 (Paradiso XXI)








Sassoferrato, Abbazia di Santa Croce, 10 marzo 2019

L’ Abbazia di Santa Croce sorge sul versante opposto all’abitato di Sassoferrato, in posizione sopraelevata, vicino alla confluenza dei torrenti Sanguerone e Marena nel fiume Sentino.
Costruita dai Conti Atti, signori di Sassoferrato, negli ultimi anni del Sec. XII per i monaci Camaldolesi con materiali provenienti dalla romana Sentinum, è una delle più importanti testimonianze d’architettura romanica delle Marche. Come la chiesa di San Vittore alle Chiuse (Genga - An), la chiesa Santa Maria delle Moie (Maiolati Spontini - An) e la chiesa di San Claudio al Chienti (Corridonia - Mc) - datate tra l’XI ed il XII secolo, l'edificio ha una pianta a croce greca inscritta. Inglobata all’interno del complesso abbaziale, il nucleo centrale della chiesa è definito da quattro alti pilastri compositi, addosso a ciascuno dei quali sono collocate due semicolonne in granito e pietra calcarea, provenienti da Sentinum. Sono inoltre visibili una serie di interessanti capitelli di derivazione lombarda, scolpiti in calcare bianco, che presentano motivi geometrici, vegetali, con bestiari e animali fantastici, ed uno, con l’unica scena sacra, che rappresenta la Crocifissione, tema strettamente legato con la dedica della chiesa alla Santa Croce. Un nartece voltato a botte introduce al portale di accesso alla chiesa ed è decorato con una complessa modanatura formata da tre archi a tutto sesto concentrici, che ripropongono la tematica dei bestiari e degli animali fantastici. La lunetta che sovrasta il portale d’accesso è finemente ornata. La chiesa verso la fine del XIV Secolo venne arricchita da affreschi di scuola fabrianese; custodisce pregevolissime opere pittoriche, tra cui la pala raffigurante San Benedetto, realizzata nel 1524 da Pietro Paolo Agabiti. Degno di nota è anche lo splendido paliotto ligneo intagliato del Sec. XVII, decorato con preziose dorature. Da segnalare anche un dipinto su tela raffigurante “San Romualdo e Pietro Orsoleo, doge di Venezia, della fine del Sec. XVII, probabilmente opera di Antonio Zanchi o del suo allievo Francesco Trevisani, e un San Rocco in terracotta invetriata della seconda metà del XV Sec. L’opera più importante, il maestoso polittico del Sec. XV di Giovan Antonio da Pesaro, è ora conservata presso la Galleria Nazionale delle Marche di Urbino. All’interno della Chiesa è conservata la famosa Croce Patente, un simbolo ben noto ai Templari.

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Sassoferrato, Chiesa di Santa Maria del ponte del piano


Monte Cucco (m. 1566), 17 marzo 2019

L'Università degli Uomini Originari di Costacciaro nasce nel 1289, quando alcuni "Homines" si affrancano e comprano per la cifra di 6.000 fiorini le terre dei Monti Cucco, Le Gronde e Porrino (oggi Ranco Giovannello) da un signorotto locale.
Ai sensi della Legge n. 97/1994, l'Università, attualmente proprietaria di 1642 ettari, è considerata una Comunione di Famiglie, con personalità giuridica e autonomia statutaria.




La Badia dei SS. Emiliano e Bartolomeo in Congiuntoli


Abside di Santa Maria di Sitria, fondata da San Romualdo
L’antica Abbazia di S. Maria di Sitria sorge, in posizione estremamante isolata, nel Parco naturale del Monte Cucco, in una ubertosa Valle posta tra il fosso Artino e le pendici del monte Catria, lungo il percorso che unisce Scheggia ad Isola Fossara. Stando alle Cronache, l’Abbazia fu edificata, agli inizi del sec. XI, da S. Romualdo, abate e fondatore dell’Ordine Camaldolese, su un preesistente eremo abitato dallo stesso Santo (l’eremo, consistente in piccole celle in pietra e legname, sarebbe stato costruito nel 1014, mentre tra il 1018 e il 1020 Romualdo vi avrebbe fondato il Monastero). Lo Iacobilli informa che nel 1055 S. Pier Damiano inviò a riformare i monaci di Sitria S. Domenico Loricato, così detto per la corazza che permanentemente indossava a mo’ di cilicio, e dopo il 1061 «(…) visitò anco i monaci camaldolesi che habitavano nelli momasteri di S. Maria di Sitria» (L. Iacobilli, Vite, 3, 361). In questo Monastero risiedettero uomini illustri per santità: l’eremita Leone, che visse 140 anni, il monaco Mainardo, che sarebbe stato il fondatore del Monastero del Sassovivo presso Foligno, il beato Tommaso da Costacciaro, Sigismondo vescovo di Senigallia, etc. Nella vita del beato Albertino da Gubbio, il Monastero viene ancora menzionato per l’anno 1274; poi, nel 1411 Pietro, originario di Serra S. Abbondio restaurò le strutture che minacciavano rovina (L. Iacobilli, Vite, 3, 354); l’ultimo abate fu Pandolfo degli Atti, morto nel 1457; nel 1453 fu ivi inviato un «(…) sacerdote secolare per cappellano e cura di questo luogo, essendo senza monaci dal 1453 in qua» (L. Iacobilli, Vite, 3, 365). Infine, nel 1483 fu incorporato alla badia di Sitria il monastero di S. Gaudenzio in diocesi di Senigallia. Gli abati commendatari ne curarono il restauro nel corso del sec. XVI, e vi dimorarono fino al 1810, quando papa Gregorio XVI li assegnò al vicino monastero di Fonte Avellana. Nel 1861, i beni dell’Abbazia furono soppressi dal Governo Italiano (legge “Pepoli”), che li affidò a privati; la chiesa diventò casa colonica e il bel fonte battesimale fu trasferito nella limitrofa chiesa di Isola Fossara. Successivamente il complesso monastico ritornò ai monaci di Fonte Avellana, i quali, nel 1972, provvidero ad un doveroso restauro. Ciò che rimane dell’antico Monastero, è concentrato nella chiesa, mentre i resti delle strutture del cenobio, ora presenti solo sul lato nord dell’attuale edificio ecclesiastico, sono ormai in grave abbandono e mostrano chiari segni di recenti rifacimenti. Difficile è, quindi, individuare, tra i consistenti interventi “post-medievali”, le antiche strutture romaniche. L’impianto della chiesa, interamente a pietra squadrata e a pianta basilicale, è a una navata con transetto sporgente. La copertura della navata è costituita da una volta a botte ogivale, poggiante su una mensola che corre lungo i muri perimetrali; l’abside, con una piccola feritoia centrale, ha una copertura a catino (vi sono tracce di un affresco del sec. XVIII ). Il presbiterio è fortemente rialzato, e un’abside semicircolare conclude l’impianto. In corrispondenza del lato destro del transetto, sopraelevato per far spazio alla cripta sottostante, si apre un ambiente destinato a sacrestia ed una sala con volta a botte. All’interno è possibile ammirare un duecentesco altare in travertino, costituito da una pietra sorretta da 14 esili colonne raccordate da archetti. La sottostante cripta, alla quale si accede da una stretta scala situata ai piedi del transetto, è composta da un piccolo ambiente con abside terminale; essa viene attribuita alla prima fase edilizia (sec. XI) «con copertura – a volta – che si appoggia ad un’unica colonna con capitello corinzio d’epoca romana» (sec. VI), probabilmente proveniente da vicine costruzioni. Dai resoconti degli studiosi, si ricava che «degli edifici conventuali rimane solo un lato del chiostro e si conserva a pianterreno una vasta sala con copertura a volta a sesto acuto, forse l’antico Capitolo, ora ridotto a magazzino». Nell’antico Monastero, a lato della chiesa, è indicata la cosiddetta “Prigione di S. Romualdo”, l’angusta cella in cui il Santo si sarebbe fatto rinchiudere, volontariamente, per sei mesi dai suoi monaci. Nell’Abbazia vi trovarono ospitalità, tra gli altri, S. Pier Damiani, il beato Tommaso da Costacciaro e il monaco Mainardo, il quale, intorno al 1070, partì per andare a fondare l’Abbazia di Sassovivo a Foligno. Come Fonte Avellana, anche questo splendido monumento sorprende, oltretutto, per le dimensioni assai ragguardevoli, se si considera il recondito luogo ove è stata edificata.

fonte: www.iluoghidelsilenzio.it

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