venerdì 26 agosto 2022

A Tours e Orleans, nella terra di Martino e Giovanna d'Arco

 



SANTA MESSA IN OCCASIONE DEL XVI CENTENARIO

DELLA MORTE DI SAN MARTINO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Sabato, 21 settembre 1996

 

Cari Fratelli e care Sorelle,

1. “Canterò senza fine le grazie del Signore” (Sal 88, 2). In Francia da sedici secoli la Chiesa canta l’inno alla carità. Attraverso la testimonianza di uomini vivi la Chiesa canta l’inno alla carità scritto da san Paolo nella lettera ai Corinzi (cf. 1 Cor 13, 1-13).


Questo inno si eleva da numerose regioni del vostro Paese. San Martino di Tours è un importante testimone della carità evangelica. Ogni anno, l’11 novembre, la liturgia ci ricorda la sua nobile figura. La sua vita è la narrazione delle meraviglie che Dio ha compiuto in lui. Gli eventi che la compongono sono diventati, per così dire, simbolici: legati alla figura di questo santo, prima soldato e poi Vescovo, sono stati conosciuti in tutta la Chiesa.


La città in cui fu Vescovo accoglie oggi il Vescovo di Roma, garante dell’unità della Chiesa per la quale Martino operò. Ringrazio di cuore Monsignor Jean Honoré, Arcivescovo di Tours e successore di san Martino, per le parole di benvenuto che mi ha rivolto e saluto di tutto cuore i Cardinali e i Vescovi della Francia e degli altri Paesi che si sono uniti a noi, vi saluto tutti, cari fedeli di questa Diocesi e delle Diocesi vicine. L’anno martiniano in corso è per voi un’occasione privilegiata per riaffermare la parte migliore del vostro patrimonio spirituale. Penso in particolare ai cristiani di Blois e del Loir-et-Cher, la cui Diocesi è stata fondata tre secoli fa.

Porgo il benvenuto ai membri dell’Ufficio del Consiglio delle Chiese cristiane in Francia, che oggi hanno voluto unirsi alla nostra preghiera. Saluto di cuore le personalità civili che partecipano a questa celebrazione in onore di una grande figura della vostra nazione.




2. Nato a centinaia di chilometri da qui, in Pannonia, vale a dire in Ungheria, Paese che ho appena visitato, san Martino percorse distanze considerevoli per “annunciare la Buona Novella ai poveri”. Oggi ringrazio il Cardinale László Paskai per aver intrapreso lo stesso cammino. Per amore di san Martino. Il suo culto si diffuse non solo in Francia, ma in tutta l’Europa. La forza duratura della sua influenza svolse un ruolo importante nella conversione di re Clodoveo e nella vita del popolo francese. Migliaia di chiese e di parrocchie presero il suo nome.

Conosciamo tutti il famoso evento della vita di san Martino, che ebbe luogo il giorno in cui, ancora soldato, egli incontrò un povero, nudo e tremante per il freddo. Martino prese il suo mantello, lo divise a metà e con esso coprì l’infelice. È proprio questo che dice il Vangelo secondo Matteo che abbiamo appena ascoltato: “(ero) nudo e mi avete vestito” (Mt 25, 36). Durante il giudizio universale, Gesù rivolgerà queste parole a coloro che porrà alla sua destra, a quanti avranno fatto del bene. Essi allora domanderanno “Signore, quando mai ti abbiamo veduto . . .? Quando ti abbiamo visto . . . nudo e ti abbiamo vestito?” (Mt 25, 38). E Cristo risponderà loro: “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40).




Donando al povero di Amiens la metà del suo mantello, Martino ha tradotto in un gesto concreto le parole di Gesù che annunciano il giudizio universale: quando alla presenza del Figlio dell’uomo si riuniranno “tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sua sinistra” (Mt 25, 32-33). Egli dirà a coloro che sono alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo” (Mt 25, 34). Contemplando la vita di san Martino, e soprattutto il suo ardore nel praticare l’amore verso il prossimo, la Chiesa è giunta subito alla conclusione che il Vescovo di Tours si trovava nel novero degli eletti.

3. Per riconoscere il Cristo presente in ognuno dei suoi “fratelli più piccoli” (Mt 25, 45) bisogna avere percepito la sua presenza nel raccoglimento interiore. Uomo di preghiera, Martino si lasciò completamente prendere da Cristo. Poté affermare, come san Paolo: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20). La sua esistenza fu contrassegnata dalla ricerca della semplicità. Chiamato suo malgrado all’episcopato, conservò il suo senso d’umiltà e rimase il monaco che aveva voluto essere fin dalla sua adolescenza. Lui, che fu uno dei fondatori del monachesimo d’Occidente, si preoccupò di avere al suo fianco, vicino a Tours, una comunità monastica per condurre una vita di lode alla gloria di Dio e praticare le virtù cristiane, in particolare il perdono ricevuto e concesso.


4. Evangelizzatore dei villaggi e delle campagne, Martino fu un fondatore la cui opera sussiste ai nostri giorni come appello a diffondere il Vangelo fino ai confini della terra (cf. Mt 28, 20). Cari Fratelli e care Sorelle, l’edificazione della Chiesa prosegue. Animate le vostre parrocchie e le vostre comunità con tutta la forza della speranza! Occorre chiedersi: come può la comunità cristiana proporre e difendere i valori evangelici in un mondo che spesso li ignora? Lasciatevi prendere dalla parola di Cristo e mettetela in pratica nella vita di ogni giorno! Ascoltate la parola che la Chiesa trasmette a nome del Signore, sappiate comprenderla e trasmetterla in modo chiaro!


Avete ricevuto doni diversi ma in un unico Spirito (cf. 1 Cor 12, 4). Alcuni si dedicano all’animazione della comunità insieme ai loro Pastori, in primo luogo per rendere la liturgia viva e bella; altri si pongono più spontaneamente al servizio umile e generoso dei poveri, degli stranieri, dei malati; altri ancora sapranno meglio portare ai propri fratelli e alle proprie sorelle la Buona Novella, per dire loro come Cristo illumina le vie della vita. Che ognuno accolga nella preghiera ciò che lo Spirito gli suggerisce, che ogni battezzato, di qualsiasi età, si assuma la sua parte di responsabilità e di servizio, in seno a comunità ecclesiali unite, aperte e amichevoli! Avanzerete così lungo il cammino tracciato da san Martino: egli aveva compreso che Cristo vuole raggiungere tutti gli uomini e dire loro che sono amati da Dio e chiamati a conoscerlo. Gesù ha dato la vita per amore di tutta l’umanità. E voi, che siete configurati a Cristo attraverso il battesimo, come risponderete al suo amore?


5. San Martino rimase un buon Pastore fino alla fine. Il racconto della sua morte ci è stato tramandato. Egli fece sue le parole di san Paolo: “Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia” (Fil 1, 20). Ciò che leggiamo nella Lettera ai Filippesi costituisce, in un certo modo, il modello al quale si è conformato. Come san Paolo, poteva dire: “Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere. Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d’altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne” (Fil 1, 21-24).Prossimo alla morte Martino, come l’Apostolo, espresse il suo desiderio di morire per essere con Cristo e accettò di continuare a servire come Pastore se gli uomini avevano bisogno di lui. Questo atteggiamento simboleggia tutta la verità dell’esistenza cristiana.


6. Il Vangelo è la via che conduce a Cristo e, attraverso di Lui, alla casa del Padre. Tutti i suoi discepoli vogliono raggiungere questa casa; essi desiderano essere con Cristo. Una tale prospettiva tuttavia non dispensa coloro che professano Cristo dall’impegnarsi nella vita quotidiana. Seguendo Cristo, gli uomini della tempra di san Martino sono consapevoli che il cammino passa per le molteplici forme di servizio del prossimo, incominciando dalla prima di esse, l’annuncio della salvezza operata da Cristo. Tale servizio vi farà avanzare verso la casa del Padre lungo le vie aperte da Cristo.


Fratelli e Sorelle, san Martino vi lascia una testimonianza eccezionale di appartenenza a Cristo. La sua totale disponibilità è per voi un modello e un incoraggiamento: continuate ad annunciare il Vangelo, proprio come fece lui, “in ogni occasione opportuna e non opportuna” (2Tm 4,2)! Offrite la vostra vita a Cristo con fiducia e serenità: egli la prenderà e le permetterà di dare il meglio di sé.


San Martino è stato un apostolo ammirevole, ma non è sufficiente ricordarlo. Nelle diverse condizioni presenti, siate a vostra volta membri vivi della Chiesa viva, comunità unite e accoglienti, che sappiano rendere conto della speranza che è in loro (cf. 1 Pt 3, 15). Solo pochi anni ci separano ancora dal terzo millennio: siate puntuali all’appuntamento! San Martino di Tours vi accompagna.

Beati siete voi, cristiani di Francia, che avete meritato di ricevere un tale Patrono agli albori della vostra storia!

Grazie Chiesa di Tours. Che il sole ti accompagni oggi come ieri a Sainte-Anne-d’Auray! Auguri!







 

CELEBRAZIONE DELLA PAROLA CON GLI AMMALATI E I SOFFERENTI


OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II


Basilica di San Martino a Tours - Sabato, 21 settembre 1996


 


Cari Fratelli e care Sorelle,

1. “Beati voi, perché vostro è il Regno dei cieli”!


Saluto tutti voi con affetto, poiché attribuisco una grande importanza a questo nostro incontro. I vostri volti esprimono la speranza; i vostri volti parlano anche di Dio, poiché voi avete valore ai suoi occhi. San Martino ci riunisce questo pomeriggio nella Basilica che accoglie la sua tomba. In tutta la sua esistenza, egli cercò di vivere pienamente il messaggio delle Beatitudini, proprio quello che abbiamo appena riascoltato. Egli ci accompagna invisibilmente; io gli chiedo di venire ad illuminarci, dal momento che egli fu uno dei più grandi Apostoli del Vangelo sulla terra del vostro Paese. In lui, la Chiesa riconosce l’esempio del cristiano totalmente rivolto verso il suo prossimo: egli donò la sua vita per i suoi fratelli nella sequela di Cristo.


Ognuna delle Beatitudini è stata vissuta da san Martino: povero di cuore, egli attese ogni cosa da Dio, senza contare sulle proprie forze fisiche, intellettuali o spirituali. In uno spirito d’abbandono, sapeva che la volontà di Cristo su di lui era la sua unica ragione di vita. Di natura dolce, egli abbandonò le armi per servire il suo prossimo. Commosso dinanzi alla miseria spirituale della sua epoca, percorse le campagne, “annunciando ai poveri la Buona Novella, ai prigionieri la liberazione, agli afflitti la gioia”. Affamato e assetato di giustizia, seppe stabilire uno stile di vita conforme alla giustizia di Dio, che supera quella degli uomini. “Unito al Signore da una tenerissima misericordia” (Sulpicio Severo), fu un uomo di perdono e andò in soccorso dei poveri che Dio pose lungo il suo cammino. Uomo dal cuore puro, seppe resistere alle tentazioni. Artefice di pace, riuscì a risolvere numerosi conflitti della sua epoca, senza rifiutare “il peso della giornata e il caldo” (Mt 20, 12). Perseguitato a causa della giustizia, mostrò che Cristo riempie tutta la vita e merita di essere seguito, costi quel che costi.




2. Nella società attuale conosciamo troppe forme di povertà, di tristezza e di afflizione. La povertà materiale, la malattia, la sofferenza fisica, i diversi tipi di esclusione che affliggono i nostri contemporanei, le forme di infelicità sono molteplici: nessuno può essere sicuro di sfuggire ad esse nel corso della propria vita. Alcuni ne subiscono più di una, poiché esse si generano a vicenda. Arriva un momento in cui ogni via d’uscita sembra chiusa, in cui la vita non appare più come un dono di Dio, bensì come un fardello. È allora che la beatitudine degli afflitti acquista tutto il suo senso. Cristo ha osato proclamare che coloro che piangono sono beati e saranno consolati (cf. Mt 5, 5). Ha affermato che essi sono chiamati alla felicità eterna. Grazie al suo amore infinito, il Signore risponde così al desiderio di felicità che dimora nel cuore di ogni uomo. Cosa c’è, infatti, di più grande e di più importante dell’essere amati e riconosciuti per se stessi, per la bellezza del proprio essere interiore, che non dipende né dalle apparenze né dall’interesse immediato che si può rappresentare per gli altri?





Come san Martino, siamo invitati ad aprire gli occhi e a riconoscere nel povero che sta morendo di freddo alle porte della città, nel forestiero che bussa alla nostra porta, un fratello da accogliere e da amare. Una società viene giudicata dallo sguardo che rivolge ai sofferenti della vita e dall’atteggiamento che adotta nei loro confronti. Ognuno dei suoi membri dovrà un giorno rispondere delle proprie parole e dei propri atti nei confronti di coloro che nessuno guarda, nei confronti di coloro dai quali ci si allontana. Il poverello di Amiens, si narra nella Vita di San Martino, “per quanto supplicasse i passanti di avere pietà della sua miseria, tutti proseguivano senza fermarsi” (3,1). Per la loro indifferenza, essi non hanno saputo riconoscere il proprio fratello. Ignorando il prossimo, si sono fatti beffe di una parte della loro stessa umanità. Quel giorno nessuno di essi è stato capace di vedere Cristo che moriva di freddo nella persona del povero.




Ogni essere straziato nel corpo o nello spirito, ogni persona privata dei propri diritti fondamentali, è un’immagine vivente di Cristo. “Nei poveri e nei sofferenti, la Chiesa riconosce l’immagine del suo Fondatore povero e sofferente” (Lumen gentium, 8). Con la sua morte sulla croce, Cristo, che ha conosciuto la sofferenza estrema, resta vicino a noi. Contemplando il mistero della sua Passione, noi scopriamo tuttavia la speranza offerta dal Signore. Tramite il suo amore per noi, Egli ci ha aperto un nuovo cammino. Con la sua Risurrezione il mattino di Pasqua, Egli attesta che la morte e la sofferenza non hanno più l’ultima parola sull’uomo e che un futuro è sempre possibile. Un’esistenza che, sul piano umano, poteva sembrare rinchiusa in un vicolo cieco, è diventata un passaggio. Sì, cari amici, voi che portate il peso della sofferenza, siete ai primi posti tra coloro che Dio ama. Come a tutti coloro che Egli ha incontrato lungo le vie della Palestina, Gesù vi ha rivolto uno sguardo ricolmo di tenerezza; il suo amore non verrà mai meno. Poiché sin dalla vostra origine siete figli di Dio, voi occupate nella Chiesa, Corpo di Cristo, un posto privilegiato.


Di fronte al moltiplicarsi degli attentati alla dignità e all’integrità delle persone, di fronte all’aumento del numero degli esclusi, occorre trovare nuovi stili di vita personali e collettivi che permettano di superare le crisi, soprattutto in quei Paesi che, come il vostro, dispongono di abbondanti risorse umane e naturali. Occorre porre in essere delle nuove forme di solidarietà, sia all’interno di ogni società che tra le nazioni. Per garantire a tutti l’accesso al lavoro, non converrebbe rivedere alcune pratiche e favorire una più equa distribuzione dei beni? Coloro che hanno la fortuna di avere redditi sufficienti sono pronti a condividerli maggiormente con coloro che non riescono a vivere in maniera accettabile? Uno stile di vita più sobrio permetterebbe a molti di evitare gli sprechi e di essere più attenti alle necessità del prossimo.



Ogni essere umano, per quanto bisognoso, è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, e nulla può fargli perdere questa dignità. Qualunque sia la sua origine, qualunque sia il peso della sua prova, rifiutare di vederlo significa condannarsi a non comprendere nulla della vita.


3. Ascoltiamo il messaggio delle Beatitudini: “Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia”! (Mt 5, 7). La misericordia di cui parla Cristo è la tenerezza di Dio; il perdono ne è un’espressione importante. Il cuore misericordioso si lascia così commuovere dalla miseria altrui e rimane inquieto finché non ha fatto tutto quanto è in suo potere per recare conforto a quanti sono nel bisogno. Per entrare nel Regno, occorre avere questo cuore misericordioso, non soltanto sensibile al bisogno, ma anche capace di alleviare la sofferenza, di infrangere la solitudine e di impegnarsi attivamente per accogliere i propri fratelli e le proprie sorelle meno fortunati.





I misericordiosi otterranno misericordia. “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me” (Mt 25, 40), dirà loro Cristo nell’ultimo giorno. La felicità dell’eternità sarà la felicità di vedere Dio e di riconoscerlo nella persona di tutti coloro che saranno stati posti da Lui sul nostro cammino, con i quali vivremo per sempre dell’amore che non finirà mai. Questa felicità, noi la percepiamo sin da oggi. Il Vangelo ci invita ad agire fraternamente nei confronti del nostro prossimo, proprio perché in lui Dio è presente e ci attende. Il rapporto con Dio è indissociabile dall’amore per il prossimo, e in particolare per il povero che incontriamo.





4. L’attenzione rivolta ai poveri costituisce uno dei criteri fondamentali dell’appartenenza a Cristo. Essa deve caratterizzare l’impegno temporale del cristiano. La fede deve essere accompagnata da un’azione in favore dei nostri fratelli in umanità, poiché “l’amore del Cristo ci spinge” (2 Cor 5, 14) a servire ogni uomo, quello che amiamo e quello che non amiamo abbastanza. Ecco perché lancio un appello a favore di una solidarietà reale fra tutti. Quando dunque sarà davvero rispettato il diritto di ognuno al lavoro, alla casa, alla cultura, alla salute, ad un’esistenza degna di questo nome? La Chiesa verrebbe gravemente meno alla sua missione se non ricordasse questo imperioso dovere di fare tutto il possibile, nelle società ricche dell’Occidente e in ogni società, per debellare i flagelli che non cessano di imperversare sulla superficie del nostro pianeta. Cristo è venuto per “annunziare ai poveri un lieto messaggio” (Lc 4, 18). Nessuno dei suoi discepoli, nessuno dei suoi fratelli è dispensato dal prendere parte a questa opera impegnativa, salutare e gratificante.





5. Che san Martino vi guidi ogni giorno! Che egli vi ispiri le parole, i gesti, gli atteggiamenti d’amore, di fraternità, di compassione che vi aiuteranno a vivere! Da milleseicento anni egli intercede presso il Padre a favore di coloro che sono ricorsi a lui con fiducia. Se lo pregate, egli non abbandonerà nessuno di voi, nessuno di coloro che vede soffrire lungo le vie tortuose della vita. Alle porte di Amiens, Martino donò metà del suo mantello. Che egli continui ad essere il nostro modello di carità reale ed autentica!







Come segno dell’amore che proviene da Dio, come pegno della speranza fondata sul Cristo, vi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica e la estendo a tutti coloro che voi rappresentate, a quanti soffrono a causa di una ferita e chiedono al Signore di venire a guarirla. Voglio dirlo al nostro mondo: la condivisione è fonte di felicità! La gioia è possibile! Che Dio vi custodisca sempre!






 

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