domenica 13 agosto 2023

Montelago: terra francescana

 









Le prime notizie su questi luoghi risalgono tuttavia solo al XIII sec, tra gli anni 1237-1239, quando il Beato Bernardo da Quintavalle, si rifugio nelle grotte del monte Crestaio presso Sefro.

Il Beato Bernardo, fedele osservatore della regola degli Spirituali, dopo la morte di San Francesco, fu costretto a fuggire da Assisi per scampare alle persecuzioni di Elia, che voleva osservare la Regola in maniera meno rigida. Il frate visse in questi luoghi per oltre due anni utilizzando una grotta per rifugio e probabilmente un’altra come chiesa. Infatti, all’interno di quest’ultima è collocata una pietra orizzontale che sembra richiamare la mensa di un altare. 

Uno storico, fra i più vicini di quel periodo, frate Angelo Clareno, scrive: «viveva solitario ai lati del monte di Sefro, tutto dedito alla contemplazione. Lo scoprì un legnaiolo che andava a far legna e gli chiese chi fosse e come mai vivesse in un luogo così aspro e solitario. Spiegatone il motivo, Bernardo si offri di lavorare per lui, in incognito e il legnaiuolo gli veniva procurando il vitto e altre cose di prima necessità»

La popolazione di Sefro conosce queste grotte fin da tempi remoti e le indicava come «grotte dei frati» o anche «le Carceri», poiché lungo i secoli furono utilizzale dai vari eremiti che vivevano prigionieri di se stessi.



Per secoli nessuno storico o critico dell’arte si era interessato a quella figura di santo francescano affrescata sulla parete dietro l’altare della piccola chiesa (un tempo parrocchiale) di Agolla, frazione di Sefro. Poi, diversi anni fa, uno studio di Alfredo Vergani su quanto resta di quell’opera d’arte tardo duecentesca rovinata dal tempo e anche dalla mano dell’uomo durante le varie fasi di ampliamento della chiesa, aveva individuato in quella figura Sant’Antonio da Padova. Ora, nuove ricerche portano ad una conclusione molto diversa e per certi versi clamorosa. Non si tratterebbe del santo d’origine portoghese morto a Padova nel 1231, bensì di San Francesco d’Assisi. Ad affermarlo è la professoressa Maria Giannatiempo Lopez, per oltre trent’anni funzionario della Soprintendenza ai beni storici ed artistici delle Marche, che ha svolto recentissimi studi sulla chiesetta di San Tossano ad Agolla. L’aspetto straordinario della nuova scoperta è data dal fatto che si tratterebbe della più antica raffigurazione di San Francesco realizzata su affresco nel territorio marchigiano.

L’ex chiesa parrocchiale di Agolla risale alla fine del XIII secolo e quel dipinto raffigurante in origine la Crocifissione con alcune figure di santi ai lati della Croce, sarebbe stato realizzato presumibilmente tra i sessanta e i cento anni dopo la morte di San Francesco, avvenuta nel 1226. La storica dell’arte Maria Giannatiempo ha presentato i risultati della sua ricerca all’Università di Macerata. L’occasione è stato il convegno sul tema “Francescani nelle Marche”, moderato da Francesca Bartolacci e promosso dal Dipartimento di studi umanistici diretto da Carlo Pongetti. Sono intervenuti, quali relatori, anche i professori Roberto Lambertini di Unimc e Raimondo Michetti dell’Università Roma Tre.

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