lunedì 2 ottobre 2023

Pieve Torina: Il sentiero delle acque


 














Il Santuario di Sant’ Angelo “de Prefolio” è posto a quota 690 a sud-est del Pennino, sta a guardia della strada della transumanza battuta dalle pecore che dai pascoli dello stesso monte scendevano verso sud lungo la Val Sant’Angelo, la valle che collega l’altipiano di Colfiorito a Pieve Torina.


L’eremo sicuramente ha riadattato a scopi cultuali cristiani una grotta naturale utilizzata come santuario pagano in età preromana romana, ciò dovuto anche per essere situato lungo una importante via di transito transappennica.


Sulla facciata dell’esterno è incastonata una lapide semicircolare, ricomposta da più frantumi, un tempo posta sull’arco della porta d’ingresso della chiesa, che doveva appartenere alla lunetta del portale della chiesa primitiva.
È ornata da un motivo ad intreccio; vi sono due leoni che volgono il capo ad una croce campeggiante al centro e si mordono la coda. L’iconografia è tipica dell’arte romanica dove il leone simboleggia il guardiano del luogo sacro. La scritta, con le righe curiosamente invertite ( la terza è posta in cima, forse il lapicida aveva calcolato male lo spazio a disposizione), secondo la lettura del Santoni ( messa recentemente in discussione ) così recita: “ANNI D(OMI)NI SUNT MCXLVIII IN-DICTIO XI / P(RI)OR DEUTESALVE ET FRIDERICUS DUX ALBERTUS COMES GISLA ET ALII / ET ALIORUM HOMINES QUI ADIUTORIUM IMPENDER(UNT) VIVANT IN Xo (CHRISTO)”.
La lapide è il documento più antico e fa memoria di un intervento edilizio, forse la monumentalizzazione della grotta micaelica, fatta nel 1148 dal priore Diotisalvi, con l’aiuto del duca di Spoleto Federico, del conte Alberto, di Gisla, di altri e della sua gente di discendenza longobarda.
Alberto era il conte di Prefoglio, castello dirimpettaio al santuario micaelico e Gisla era probabilmente sua moglie: da qui l’ipotesi che il santuario fosse stato scelto come sepolcreto dei domini di Prefoglio come anche lascia supporre il sarcofago romano per bambino in marmo bianco, ora riutilizzato come altare, quello prossimo all’ingresso della chiesa.


Nel1252, in clima di “restaurazione”, i “domini” dovettero vendere il loro castello di Prefoglio al Comune Camerino, mantennero però lo iuspatronato sul santuario per la cui gestione si servirono di un capitolo canonicale, presieduto da un priore.
Un documento del 1372, conservato all’Archivio di Stato di Parma ricorda, infatti, la presenza di
« un priore e nove canonici». Su uno stipite della sacrestia è murata una pietra tombale che porta la data del 1446 con su la scritta “ HIC IACET DOMINA PIISIMA ALPHONSI 1446 “.
Gli ultimi priori furono nominati nel XVII secolo.


Successivamente l’eremo fu curato da eremiti laici più avanti ricordati.
Nel secolo XVIII, fu ridedicato ai “Santi” ed il fatto è legato alla tradizione che vuole la presenza dei Santi Apostoli Pietro e Paolo di passaggio in quel luogo ai quali si attribuisce la prima evangelizzazione della zona.

fonte: I luoghi del silenzio


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