mercoledì 5 giugno 2024

Come sta cambiando la montagna?


Sono a Courmayeur e il telefono segna le 6:30 del mattino, insieme al mio cliente di oggi sto aspettando di prendere la prima benna, la funivia che sale a Punta Helbronner, a 3466 metri. Mi trovo al piazzale di Skyway, il gioiello tecnologico che compie più di duemila metri di dislivello in venti minuti scarsi. «Cliente» è un modo usuale per chiamare chi porto in montagna, oggi però preferisco chiamarlo «passeggero». La guida alpina è il mio mestiere da più di vent’anni ed è basato sulla fiducia, l’amicizia e il rispetto. Se l’amicizia viene intesa come un rapporto alla pari, il rapporto tra guida e cliente è qualcosa di più ampio, dove il secondo affida la sua vita nelle mani del primo, il quale gli restituisce emozioni. La componente emotiva, empatica, è fondamentale. […]

Oggi con il mio passeggero siamo diretti al Dente del Gigante, un suo sogno nel cassetto da diversi anni. Nel cielo di Courmayeur svetta inconfondibile il profilo, un vero e proprio dente che la leggenda vuole appartenere al gigante Gargantua, piantato qui dopo la morte, per sua disposizione.

La traccia sul ghiacciaio è appena accennata da alcune cordate partite al mattino dal rifugio Torino, la neve è dura e non si sprofonda, significa che la notte la temperatura è scesa sotto lo zero. Controllo l’andatura del cliente, voltando la testa, mi segue senza problemi, aiutato dai bastoncini e legato in cordata. Attraversiamo così il Colle del Gigante, e cominciamo a salire a fianco delle Aiguilles Marbrées, rallentando il passo per la salita. Accenno al passeggero di tenere la corda tesa, stiamo attraversando un grosso crepaccio, ancora completamente coperto dalla neve, le insidie si nascondono proprio dove non si vedono, gli ricordo, e bisogna essere pronti a prevenirle. I crepacci si formano sempre negli stessi posti, è il ghiacciaio che si sposta, e segue la conformazione del terreno, quindi quelli principali è facile ritrovarli da una stagione all’altra.

Arrivati sul pianoro superiore, lo percorriamo e continuiamo a salire verso la Gengiva del Dente, nome buffo per una montagna, ma è la parte inferiore del Dente, costituita da roccia non sempre solida, e sempre più instabile in questi ultimi anni. Quando percorro itinerari classici penso spesso ai primi salitori, ai loro vestiti, alla loro attrezzatura.




La Società delle guide alpine di Courmayeur nasce nel 1850, ed è la prima in Italia, seconda solo a quella di Chamonix fondata nel 1821. Dopo la prima storica ascensione al Monte Bianco dal versante italiano, da parte delle guide di Courmayeur, il 31 luglio 1855, la località diventò una capitale dell’alpinismo.

Ho sempre pensato di fare la guida alpina, lo dissi a 15 anni alla guida di mio padre, Franco Girodo, che ci aveva appena portato sulla parete Nord della Piccola Ciamarella.

La prima volta in Valle d’Aosta fu con i miei genitori, per fare la Vallée Blanche, la famosa discesa con gli sci, lunga più di 25 chilometri, che da Courmayeur porta, o forse dovrei scrivere «portava», a Chamonix, partendo dai 3460 metri di Punta Helbronner. Erano gli inizi degli anni Ottanta e io compivo dieci anni, era fine marzo. Eravamo accompagnati dalla nostra guida alpina e arrivammo con gli sci in paese. Il ghiacciaio e la neve sono risaliti moltissimo in questi anni fino all’inverno 2023, quando, per mancanza di neve, per la prima volta le guide non sono più riuscite a scendere a Chamonix con gli sci.

Cosa è cambiato da allora? Moltissimo.

Le guide alpine non sono più i valligiani che andavano a caccia di camosci, ma dei veri e propri professionisti, che nella loro formazione hanno nozioni di storia, geologia, psicologia e marketing, oltre a tutte le competenze tecniche che riguardano direttamente la montagna.

Iniziai a lavorare a Courmayeur nel 2005, presso la Società delle guide. In inverno la discesa della Vallée Blanche era ancora del tutto simile a quando l’avevo percorsa da bambina. Accanto alle famiglie e ai gruppi che decidevano di scendere lungo la lingua gelata del ghiacciaio, molti si avventuravano da soli, senza attrezzatura di sicurezza, soprattutto senza imbragatura, pensando di conoscere la montagna e i suoi pericoli, e la scambiavano per una normale pista da sci.

Negli ultimi anni la scarsità di neve ha reso spesso necessario il ricorso al trenino a cremagliera di Montenvers, costruito nel 1910, che si trova a quota 1900 metri, per scendere a Chamonix, a 1100 metri. Già negli anni Ottanta a causa dello scioglimento del ghiaccio era stata costruita una cabinovia per raggiungerlo. Nell’inverno 2024 i francesi hanno inaugurato un nuovo impianto che parte cinquecento metri prima del vecchio, almeno trecento metri più a monte, per anticipare l’arretramento del ghiacciaio. Ha aperto ai primi di febbraio, ma si deve già camminare tra i sassi per arrivarci! E nessuno aveva previsto questo arretramento impressionante del fronte glaciale, con la mancanza assoluta di copertura nevosa, a questa quota e nella stagione invernale.

Ma era necessaria una nuova cabinovia? Per risparmiare un’oretta di marcia? In realtà è stata costruita per permettere ai turisti di vedere il ghiacciaio da vicino, la grotta artificiale di ghiaccio, e non per qualche Vallée Blanche in più per le guide alpine. Ma ha ancora senso?

Si deve per forza salire fino a quassù? Sono contro la costruzione di nuove funivie. Però andiamo a vedere le piramidi di Cheope in Egitto, e credo sia giusto arrivare fino a qui per godere delle meraviglie della natura. Posso anche arrivarci a piedi, senza funivie e treni, ma è anche vero che per farlo avrei bisogno di tutto un altro tipo di infrastrutture, come i rifugi, altrimenti rimarrebbe appannaggio di pochissimi. Il ghiaccio sta scomparendo, a quando la prossima funivia? Quando sarà il momento di fermarsi?

Il mio sguardo è rivolto verso il ghiacciaio, mentre il passeggero mi segue in cordata, contemplo il cielo colore blu intenso, il tempo oggi è perfetto, ma delle nuvole lenticolari si stanno formando sulla cima del Monte Bianco, ed è un segnale che le previsioni corrispondono alla realtà, significa che tra circa otto ore il tempo cambierà. Il clima varia molto più velocemente, ma alcuni segnali restano, e sta agli alpinisti saperli interpretare. Le guide alpine servono anche a questo, a riconoscere gli avvertimenti che la montagna lancia.

Riprendiamo l’avvicinamento fino a sotto la barriera rocciosa, dove lasciamo i bastoncini che ci hanno aiutato nella camminata, per poi recuperarli al ritorno. Ora inizia la scalata vera e propria. Saliamo il canale ancora ben innevato.

Conosco bene il percorso e il mio passeggero di oggi, dopo anni di gite insieme. So che è il momento per una piccola pausa, per bere un po’ di tè caldo e sgranocchiare una barretta energetica.

Mi guardo attorno e mi stupisco sempre di tanta bellezza, ma anche di quanto sia fragile. Il riscaldamento climatico è diventato materia di studio nei corsi di formazione per diventare guida alpina. In quota, nel passato, con le basse temperature si è formato uno strato gelato nel terreno, il permafrost, che ha funzionato come legante delle pareti, dando stabilità. Oggi l’aumento delle temperature e la fusione del permafrost stravolgono equilibri che erano inalterati da secoli. Di conseguenza assistiamo a dei crolli lungo itinerari che venivano abitualmente percorsi in estate, ma che ora sono possibili solo in inverno.

Ma al turista che passa da Courmayeur per Natale o Ferragosto cosa cambia? Ha consapevolezza di come sta cambiando la montagna? A Capodanno la località passa dai duemila residenti alle 35mila presenze: tutti questi visitatori portano molto alla montagna, ma quanto le tolgono?


Fonte: Anna Torretta (https://www.annatorretta.com/), Una giornata sul Bianco, The Passenger



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