lunedì 11 aprile 2011

La metafora della vita



La linfa ritorna a scorrere nei tronchi e l'inverno cede il passo alla primavera. Un miracolo che ritorna annualmente e che, costantemente stupisce. Le temperature più miti, la stagione più favorevole inducono molti a percorrere sentieri, ad andare in montagna. Dopo aver frequentato le piste innevate, sono numerose le famiglie che compiono escursioni più o meno impegnative.

Ma che cosa significa andar per monti? E' solamente un modo  per trascorrere qualche ora all'aria aperta, per tonificare i muscoli, oppure può diventare un'occasione educativa?

Tita Piasentini, presidente di Giovane montagna, associazione nata a Torino nel 1914 dall'iniziativa di un gruppo di giovani legati al santo educatore Leonardo Murialdo, che fa del binomio alpinismo e spiritualità cristiana il proprio biglietto da visita, é certo che la frequentazione delle vette sia una importante opportunità.

L'alpinismo di ieri non è quello di oggi – afferma Piasentini – la tecnologia ha permesso di raggiungere risultati impensati, ma si è separato dall'etica, considerando la vita non  più un valore primario.
Pur di raggiungere il successo non si tiene conto dei doveri del proprio stato, quali la famiglia, i figli e le responsabilità civili, laiche e religiose.
Attraverso segni tangibili dobbiamo opporci a questa concezione di alpinismo. L'alpinismo voluto dai fondatori è a dimensione della persona. Il nostro salire esalta la centralità della persona e il suo fine ultimo. Promuovere la pratica e la conoscenza della montagna è un fatto educativo, l'alpinismo è una scuola di vita che va promossa non impersonalmente ma in rapporto ai soggetti interessati, sia adulti, sia, in modo particolare,le giovani generazioni”.
Seguendo in questo modo le orme di uno dei soci di Giovane montagna, il beato Piergiorgio Frassati, tanto caro all'Azione Cattolica Italiana.

E' ancora attuale pensare che la montagna possa essere uno strumento di elevazione spirituale?

E' ancora attuale che la montagna, più che uno strumento, abbia un valore educativo, specialmente per i più giovani; un valore nel quale la componente fisica e quella spirituale camminino in sintonia per interiorizzarla come bellezza e come dono, ma soprattutto come dimensione umana nella quale la tecnica non escluda lo spirito.

Accostarsi alla natura, aver consapevolezza dei propri limiti, compiere una fatica per giungere a una meta, condividere con altri gioie e stanchezze, sono elementi importanti per l’escursionista e l’alpinista. Come condividerli?

Chi si accosta alla montagna, come alpinista o semplice escursionista, risponde a una chiamata che nasce da qualche opportunità – una proposta di un amico, una gita parrocchiale, per esempio – oppure da una particolare inclinazione naturale. Per conoscere e praticare la montagna è necessaria quindi una preparazione adeguata, per capire i propri limiti, per non incorrere a pericoli, ma soprattutto per essere consapevoli che la vita è un valore inalienabile. E’ necessario far comprendere che la gioia è frutto della fatica. La montagna è la metafora della vita, senza sacrificio non si raggiunge la propria vocazione, senza fatica non si arriva in vetta! La montagna educa alla solidarietà, il cammino va condiviso, le necessità degli altri devono essere le tue. Il salire non sia un altro atto di egoismo, ma un segno di condivisione, di lode e di ringraziamento.

Come educare i giovani ad amare la montagna?
Educare i giovani alla montagna significa far capir loro che ciò che ci è stato donato da Dio non è nostro; la stessa passione per la montagna non va vissuta per se stessi, ma va condivisa. Ai giovani va insegnato che la montagna è sempre un mezzo, mai un fine. Il vero fine è condividere il nostro salire con chi ci sta accanto. Perciò non è atto di egoismo, ma di vero altruismo.

Intervista di Barbara Garavaglia, tratta da Segno, aprile 2011

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