mercoledì 25 maggio 2011

Appunti di gastronomia alpina: i pizzoccheri



Secondo il Sertoli Salis il termine pizzoccheri, il cui nome costituirebbe l'equivalente di pinzocheri, indicherebbe "persone bacchettone", di poco conto. 
 
Ortensio Landi nella sua opera "Inventario delle cose che si mangiano, et delle bevande c'heggedì s'usano", stampato a Venezia nel 1548, scrive:

"Meluzza comasca: fu l'inventrice di mangiar lasagne, maccheroni con l'aglio, spetie, et cacio, di costei fu anche l'inventione di mangiar formentini, lasagnuole, pinzocheri, vivarmolo: morì di penta et honorevolmente sepolita"

Secondo Giuseppe Baretta, ricercatore della Biblioteca Nazionale Braidense, i "PINZOCHERI, oggi chiamati pizzoccheri fatti con il grano saraceno già si gustavano ai tempi della Meluzza, che fu l'inventrice, una donna che di cucina la sapeva lunga.
I comaschi non erano solo la gente di Como e d'intorni, ma dir comaschi voleva dire tutta la popolazione del lago fin su la Valtellina, dove si estendeva la diocesi comasca.
Il grano saraceno veniva dunque usato nella cucina già dal secolo XIV, assieme agli altri cereali: miglio, orzo, panico, avena.
La Meluzza diede a questo cereale più gusto aggiungendovi cacio, burro, verdure. Oltre ai pizzoccheri ecco la polenta taragna fatta anch'essa con il grano saraceno, senz'altro ancor prima dei pizzoccheri. Patria dei pizzoccheri l'alta Valtellina, con capitale Teglio."
La storia testimonia  che nel 1192 l'imperatore Enrico VI impose a Teglio l'ubbidienza alla ghibellina Como. I secoli che succeddettero, sino ad arrivare al trattato di Alleanza con i Grigioni nel 1512, furono un susseguirsi di domini: ora i guelfi di Milano, ora i ghibellini comaschi. Ricordiamo che ancora oggi la Valtellina è sotto l'arcivescovado di Como. Altra notizia storica da non sottovalutare è naturalmente la visita di Ortensio Lando presso la famiglia Besta di Teglio nel 1500. Si suppone quindi che in quella occasione degustò i famosi pizzoccheri di Teglio.

Nel 1798 nella opera di Lehmann "Die Republik Graubunden", che quindi riguarda l'area dei Grigioni, di cui la Valtellina era parte, con un preciso riferimento alla zona di Teglio  troviamo:

(...) il contadino benestante vive bene. Consuma infatti i prodotti della sua terra. Latte, formaggio e burro sono serviti ogni giorno in abbondanza.
La polenta, il Malonz , la zuppa di formaggio, i Perzockel, la Minestra e il Tasch sono i suoi piatti preferiti per il giorno di magro.(...) I "Perzockel" sono una sorta di tagliatelle fatte di farina e di due uova.
La pasta vien cotta nell'acqua, poi si aggiunge il burro e si sparge subito il formaggio grattato.(...)
 
Anche nella seconda metà dell'800 vi son testi che parlano dei pizzoccheri:

(...) Vi si fa gran d'uso di farinacei e di certe paste grossolane che si cospergono con butirro e formaggio a guisa di tagliatelli, dette Pizzoccheri, delle quali vanno assai ghiotti i Sondriesi (...)

Le notizie più precise relative ai Pizzoccheri di Teglio le riscontriamo nel 1889 con Bartolommeo Besta, medico condotto tellino, attraverso il suo manoscritto "la inchiesta Jacini" (Inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola nel 1882).
Attraverso la sua testimonianza, perciò, possiamo individuare un modello di alimentazione dei produttori agricoli delle nostre valli. Sistema di approvigionamento che è basato sull'autoconsumo dei propri prodotti. Secondo il Besta i 3 piatti che come ingrediente base avevano il grano saraceno erano:

(...) "Tagliatelli, detti Pizzoccheri, bolliti nell'acqua e poi conditi asciutti con buona dose di cacio e di burro, la polenta taragnia e gli sciatt o chiscioi" (...)
Queste venivano inoltre considerate delle speciali pietanze.

Sempre secondo la Professoressa Nella Credaro Porta "I PIZZOCCHER sono stati e sono il piatto più importante della zona che va da Grosio a Castione, con epicentro a Teglio, ed era anche un piatto non dei contadini più poveri, in quanto presupponeva la lavorazione su un tavolo, che non sempre esisteva nelle case modeste. Si tratta di tagliatelle grossolane di farina bianca e di grano saraceno in parti che variano a seconda dei paesi. Cotti in abbondante acqua salata in cui sono poste patate o verze e o coste a pezzi, i pizzoccheri vengono scolati con il mestolo bucato e conditi a strati con il formaggio semigrasso a fette, formaggio di grana e sopra burro abbondante fitto ben scuro con aglio (...)"

I contadini più poveri per ovviare all'inconveniente di non possedere il tavolo per tirare la sfoglia, si preparava la pasta come per i pizzoccheri, se ne prendevano tra le mani dei pezzettini e si dava la forma di gnocchetti con il cucciaio e quindi si cuocevano e si condivano come i pizzoccheri.

  "... I pizzocher sono il piatto tradizionale della media Valtellina e vengono ammanniti ovunque, ma i pizzocher veramente tali, si mangiano a Teglio, e a Teglio, da Berti Gim (Albergo Teglio) che li interpreta con intelligenza ed amore.
Basta un nonnulla per sciuparli, come tutte le cose che devono risultare dalla perfetta armonia delle parti che la comnpongono. La gente ne parla in casa, all'osteria, al lavoro: chi vanta la superiorità della farina di teglio meglio macinata e non contenente sabbiolina come quella di Montagna; chi discute sull'età della feta (formaggio grasso di buona stagionatura); chi parla sul modo di friggere l'aglio; ognuno vuol dire la sua, ed alla fine ognuno rimane nella propria opinione.
 
Ecco come Berti Gim prepara i pizzocher: prende prima fior di farina nera (grano saraceno) e vi aggiunge un pugnetto di farina bianca di frumento; impasta il tutto con acqua e sale e maneggiando la pasta con le mani ne fa una massa piuttosto dura; poi col mattarello le stende in sfoglia alta circa 4 millimetri; taglia la sfoglia per tutta le lunghezza in strisce larghe 6-7 cm, pone 4 o 5 di queste strisce per volta l'una sull'altra e ne taglia tante striscioline della larghezza di ½ centimetro.

Su un gran fuoco mette una panciuta pentola piena di acqua e, appena questa entra in ebollizione, vi mette foglie di verza riccia o costole di bietole o patate a pezzi e poco dopo vi getta i pizzoccheri.
Mentre cuociono, taglia in piccole fette il formaggio (la feta); cotti a punto li scola col ramaiolo e copre il fondo di un recipiente di maiolica con un primo strato; sopra vi stende uno strato di feta e pezzi di burro; alterna questi coi pizzoccheri; su tutto versa poi il burro d'alpe fritto di colore oro ma non nero, profumato di spicchi d'aglio dorati e non bruciati..."

(tratto da www.accademiadelpizzocchero.it)

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