mercoledì 10 agosto 2011

Le 6 "P" : per patria prima, per polenta poi



Continuiamo la nostra ricerca sulla tradizione gastronomica della montagna, occupandoci di un piatto tipico: la polenta.
Lo facciamo con l'aiuto di alcuni brani letterari che testimoniano la rilevanza sociale di questa pietanza,  specialmente in tempi di fame.

La polenta entra nella letteratura sin da tempi lontanissimi. Se ne parla ad esempio nel "Codice Palladiano", nelle "Satire di Persio", nella "Materia Medicinale" di Discoride. Verso la fine del 1500 viene descritta la realizzazione di una polenta di granoturco simile alla nostra polenta da parte di Bernardino Baldi, il quale ne descrive perfino le astuzie per una migliore realizzazione: cacio, burro , tagliere e filo. Nel 1700 troviamo perfino una "Accademia dei Polentofagi "che raccoglieva nella città di Pisa , rinomati mangiatori di polenta. In tempi più recenti, avrà sede a Parigi, il "Circolo della Polenta" , che vedrà tra i propri iscritti, molti illustri nomi dell'arte e della letteratura italiana, ed avrà come stemma, un mosaico con una bella polenta tutta d'oro in campo argento, contornata da sei "P", iniziali del motto: "Per Patria Prima, Per Polenta Poi"








"Le tribolazioni aguzzano il cervello: e Renzo il quale, nel sentiero retto e piano di vita percorso da lui fin allora, non s'era mai trovato nell'occasione d'assottigliar molto il suo, ne aveva, in questo caso, immaginata una, da far onore a un giureconsulto. Andò, addirittura , secondo che aveva disegnato, alla casetta d'un certo Tonio, ch'era lì poco distante; e lo trovò in cucina, che, con un ginocchio sullo scalino del focolare, e tenendo, con una mano, l'orlo d'un paiolo, messo sulle ceneri calde, dimenava, col matterello ricurvo, una piccola polenta bigia, di gran saraceno. La madre, un fratello, la moglie di Tonio, erano a tavola; e tre o quattro ragazzetti, ritti accanto al babbo, stavano aspettando, con gli occhi fissi al paiolo, che venisse il momento di scodellare. Ma non c'era quell'allegria che la vista del desinare suol pur dare a chi se l'è meritato con la fatica. La mole della polenta era in ragion dell'annata, e non del numero e della buona voglia de' commensali: e ognun d'essi, fissando, con uno sguardo bieco d'amor rabbioso, la vivanda comune, pareva pensare alla porzione d'appetito che le doveva sopravvivere. Mentre Renzo barattava i saluti con la famiglia, Tonio scodellò la polenta sulla tafferìa di faggio, che stava apparecchiata a riceverla: e parve una piccola luna, in un gran cerchio di vapori. Nondimeno le donne dissero cortesemente a Renzo : - volete restar servito? -, complimento che il contadino di Lombardia, e chi sa di quant'altri paesi! non lascia mai di fare a chi lo trovi a mangiare, quand'anche questo fosse un ricco epulone alzatosi allora da tavola, e lui fosse all'ultimo boccone.
         - Vi ringrazio, - rispose Renzo: - venivo solamente per dire una parolina a Tonio; e, se vuoi, Tonio, per non disturbar le tue donne, possiamo andar a desinare all'osteria, e lì parleremo -. La proposta fu per Tonio tanto più gradita, quanto meno aspettata; e le donne, e anche i bimbi (giacché, su questa materia, principian presto a ragionare) non videro mal volentieri che si sottraesse alla polenta un concorrente, e il più formidabile. L'invitato non istette a domandar altro, e andò con Renzo".

Alessandro Manzoni, Promessi sposi, cap. VI



"Si faceva colare il grano da un foro che stava sopra nel centro e da un altro foro, in corrispondenza dei chiodi, usciva la farina. Si girava con una manovella. Alla sera, prima che uscissero le pattuglie, era pronta la polenta calda.
Diavolo! Era polenta dura, alla bergamasca, e fumava su un tagliere vero che aveva fatto Moreschi.
Era senza dubbio migliore di quella che facevano nelle nostre case. Qualche volta veniva a mangiarla anche il tenente che era marchigiano. Diceva: - Com'è buona questa polenta! - e ne mangiava due fette grosse come mattoni."


 "Il sergente nella neve" di Mario Rigoni Stern




Ma la polenta è anche una pietanza prelibata nel tempo della gioia e del divertimento, come è attestato dai componimenti poetici che riportiamo di seguito:

Quanto ai tordi, quanto ai merli, / eran pingui, freschi e sani / che una gioia era il vederli, / il palparli con le mani. / Ma la gioia la più intensa / quella fu dei convitati, / allorquando sulla mensa / caldi caldi fur portati. / Volti in candide indumenta, / con lardosa maestà, / sedean sopra una polenta / come turchi sul sofà.

Carlo Porta





La me piase dura e tenera,
In fersora e sula grela,
in pastizzo, in la paela;
Coi sponzioli, coi fongheti,
col porselo, coi oseleti.
Cole tenche, coi bisati,
co le anguele per i gati;
e po' insoma in tuti i modi
la polenta xe 'l mio godi.


Ludovico Pastò (fine settecento) ode "I due brindisi"



…l'acqua gurgita e rigurgita,
mena vortici e capitomboli,
stride e crepita, fuor dal margine
balza e trabocca e lungi lungi le bolle scocca.
Su dunque subito, su versa tutta
in mezzo ai vortici che l'acqua erutta
la farina e via pian piano,
colla mestola, colla spatola,
col materello lungo un'asta,
abbrancato nella mano,
manipola, rimescola, voltala e rivoltala…
sopra il foco che la cuoce,
che l'asciuga e la svapora,
che l'informa, che diventa giallo bionda,
tonda tonda, la balsamica polenta.


Jacopo Facen, "Il mais e la polenta"



Ghe xe 'na caldiera tacada su un fogo
che par una vampa de incendio o de rogo
Vissin gh'è una polvere che pare oro fin
e qua gh'è la spatola del gran Truffaldin.
Principia el miracolo…
Se vede de drento levarse 'na brombola,
d'arzento, d'arzento,
Po' subito un'altra la vien a trovar
e l'acqua del fondo scominzia a cantar.
La canta, la ronfia la subia, la fuma
de qua la se sgionfa de là la se ingruma.
El fogo consuma col vivo calor
le brombole in sciuma la sciuma in vapor.
La bogie de boto , atenti, ghe semo
Più fiama de soto supiemo , supiemo
Che gusti, che zogie
La bogie la bogie la va , la galopa
la zira, la sciopa, la fa la manfrina, farina, farina.
La salta per soto la sbrodola fora
Porteme in cusina farina farina.


Arrigo Boito, La Spatola ossia
l'arte di menar bene la polenta e de metterghe el pocio.







fonte:www.molinocereser.it

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