lunedì 23 aprile 2012

Sui monti ventosi e nelle catacombe della città

 

Continua il nostro itinerario nella storia della lotta partigiana.

Dopo la pubblicazione dei ricordi di Giorgio Bocca, è ora la volta della Resistenza di matrice cattolica.

Presentiamo, di seguito, il testo della celebre "Preghiera dei ribelle" e una pagina di Benigno Zaccagnini, responsabile di formazioni partigiane e, successivamente, Segretario nazionale della Democrazia Cristiana.

La Preghiera del Ribelle

di Teresio Olivelli e Carlo Bianchi
 
Signore, che fra gli uomini drizzasti la Tua Croce segno di contraddizione,
che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito contro le perfidie e gli interessi dominanti, la sordità inerte della massa,
a noi, oppressi da un giogo numeroso e crudele che in noi e prima di noi ha calpestato Te fonte di libera vita,
dà la forza della ribellione.


Dio che sei Verità e Libertà, facci liberi e intensi:
alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà, moltiplica le nostre forze, vestici della Tua armatura.

Noi ti preghiamo, Signore.

Tu che fosti respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocifisso, nell'ora delle tenebre ci sostenti la Tua vittoria: sii nell'indigenza viatico, nel pericolo sostegno, conforto nell'amarezza.
Quanto piú s'addensa e incupisce l'avversario, facci limpidi e diritti.
Nella tortura serra le nostre labbra.
Spezzaci, non lasciarci piegare.
Se cadremo fa' che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente e a quello dei nostri Morti a crescere al mondo giustizia e carità.

Tu che dicesti: ``Io sono la resurrezione e la vita'' rendi nel dolore all'Italia una vita generosa e severa.
Liberaci dalla tentazione degli affetti: veglia Tu sulle nostre famiglie.
Sui monti ventosi e nelle catacombe della città, dal fondo delle prigioni, noi Ti preghiamo: sia in noi la pace che Tu solo sai dare.
Signore della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi ribelli per amore.


Benigno Zaccagnini (1912 -1989)


“Alla fine accettai. Tommaso Moro, che per noi cattolici era un simbolo di libertà e di opposizione all’assolutismo di stato, divenne il mio nome di battaglia.
Che cos’era, per noi che abbiamo combattuto il fascismo e il nazismo, la Resistenza? La Resistenza è stata innanzitutto una intima profonda scelta morale, compiuta dai giovani e dai non giovani.
Una scelta difficile, per un impegno che si sentiva sorgere dal profondo della coscienza: una scelta fra assistere passivamente e subire gli eventi o cercare di assumersi le proprie responsabilità, coi rischi connessi, per orientare il senso della storia, delle vicende storiche che stavamo vivendo, per l’affermazione di alcuni fondamentali valori nei quali credevamo, perché radicati nella nostra coscienza.
Libertà e partecipazione, giustizia e solidarietà, pace. Valori umani universali che hanno dato e danno forza morale alla politica. Aldilà delle distinzioni dei partiti che della politica sono solo strumenti. Ognuno con una sua verità e idealità parziale ma uniti al servizio di un bene veramente comune.
Guerra alla guerra: fu la resistenza.
Ribelli per amore: furono i resistenti.
Potevamo essere dei ribelli? Era lecita la rivolta? Noi non potevamo agire né per vendetta, né per calcolo, né per odio, ma solo per giustizia e per amore.
Ribelli perché non avevamo nulla da difendere, ma avevamo il dovere di segnare con la rivolta la nostra radicale separazione e avversione. Ribelli per il dovere di essere non passivi testimoni di quel fallimento, ma attori impegnati a indicare con amore la linea di una nuova più giusta, più vera, più cristiana convivenza umana.
Dovevamo essere presenti per amore di quel mondo nuovo che tutti sognavamo a cui ognuno offriva tutto se stesso perché portasse il segno della propria fede e della propria idea”.

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