Pubblichiamo il testo integrale del Messaggio della Cei per la 9ª Giornata per la
custodia del creato (1° settembre 2014), sul tema: “Educare alla custodia
del creato, per la salute dei nostri paesi e delle nostre città”.
“Si spergiura, si dice il falso, si uccide, si ruba, si commette
adulterio, tutto questo dilaga e si versa sangue su sangue. Per questo è
in lutto il paese e chiunque vi abita langue, insieme con gli animali
selvatici e con gli uccelli del cielo; persino i pesci del mare
periscono” (Os 4,2-3).
Sembra scritta per i
nostri tempi questa tremenda pagina di Osea. Raccoglie tante nostre
dolorose analisi e ben descrive lo smarrimento che vivono molti
territori inquinati in Italia e nel mondo. Se infatti viene spezzata
l’armonia creata dall’alleanza con Dio, si spezza anche l’armonia con la
terra che langue, si diventa nemici versando sangue su sangue e il
nostro cuore si chiude in paura reciproca, con falsità e violenza.
L’alleanza
resta così la categoria fondamentale della nostra fede, come ci insegna
tutto il cammino della Bibbia: la fedeltà a Dio garantisce la reciproca
fraternità e si fa ancora più dolce la bellezza del creato, in luminosa
armonia con tutti gli esseri viventi.
È quel giardino in cui Dio ha collocato l’uomo, fin dall’inizio, perché lo custodisse e lo lavorasse.
Scrive papa Francesco: “Come
esseri umani, non siamo meri beneficiari, ma custodi delle altre
creature. Mediante la nostra realtà corporea, Dio ci ha tanto
strettamente uniti al mondo che ci circonda che la desertificazione del
suolo è come una malattia per ciascuno e possiamo lamentare l’estinzione
di una specie come fosse una mutilazione! Non lasciamo che al nostro
passaggio rimangano segni di distruzione e di morte che colpiscono la
nostra vita e le future generazioni” (Evangelii gaudium 215).
Il giardino violato
In
particolare, oggi possiamo rilevare alcune aree critiche dove il
degrado è particolarmente evidente, dove questa rottura dell’alleanza
primitiva diventa devastante. Anzi, spesso il degrado esterno manifesta
la corruzione interiore del cuore e dei valori fondativi della vita.
1. In primo luogo, viviamo con terrore l’inquinamento,
che in vaste aree del pianeta si fa sempre più pervasivo. Non sempre le
attività produttive sono condotte con il dovuto rispetto del territorio
circostante. La sete del profitto, infatti, spinge a violare tale
armonia, fino alla diffusione nell’ambiente di veri e propri veleni. Con
situazioni estreme, che diventano purtroppo fonte di tumori. Non sempre
ci accorgiamo subito di questa violenza contro il territorio. Anzi,
spesso è mistificata ed altre volte viene addirittura giustificata.
Di
fatto, la consapevolezza davanti a questi comportamenti criminali
richiede tempi lunghi. Matura sempre lentamente, spesso solo tramite la
dedizione, eroica, di chi, facendo il proprio lavoro con serietà, è come
se si immolasse per creare tra la gente una adeguata coscienza della
gravità del problema.
2. Pure molto gravi sono le conseguenze disastrose determinate da eventi meteorologici estremi. In questi ultimi mesi, per le inattese bombe d’acqua,
si registrano anche morti, oltre a distruzioni immani di case,
fabbriche e strade. Tutto un territorio è messo in ginocchio. E spesso
le città colpite restano sole o avvolte da una solidarietà solo emotiva,
superficiale. La cosa più grave è la carente consapevolezza da parte
della comunità civile nazionale circa le vere cause che a monte
determinano questi tristi eventi! Restiamo sì addolorati, ma poco
riflettiamo ed ancor meno siamo disposti a cambiare, per mettere in
discussione il nostro stile di vita!
3. Un terzo fattore di gravità è rappresentato dalla mancanza di una vera cultura preventiva
davanti ai tanti disastri sociali e meteorologici. È l’aspetto
culturale del problema, di certo l’aspetto più preoccupante, perché
completa il quadro globale della violazione del giardino di Dio: “Siamo infatti tutti chiamati a prenderci cura della fragilità del popolo e del mondo in cui viviamo” (Evangelii gaudium 215)
Impegni conseguenti
Oggi,
la coscienza ecologica è in consolante crescita, ovunque. Anche con
dolorose contrapposizioni tra ambiente e lavoro. Specie nelle città
industriali. Certo, proprio questa accresciuta consapevolezza del dono
ricevuto da Dio ci spinge a garantire un ambiente sostenibile, per noi e
per i nostri figli, nella gioia di godere della bellezza del giardino.
Con una parola chiave: custodire.
Il papa ci ha
incoraggiati, fin da subito. Nella sua omelia del 19 marzo 2013, data
d’inizio del suo ministero petrino, ci ha esortato: “La vocazione del
custodire non riguarda solamente noi cristiani perché ha una dimensione
che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È l’avere
rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo”.
Per
questo, anche in vista del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze
2015 attorno al nuovo umanesimo basato su Cristo, ci permettiamo di
suggerire alle nostre Chiese italiane questi impegni conseguenti: la coscienza di un impegno culturale; la denuncia davanti ai disastri; la rete di speranza nel futuro.
1. La priorità dell’impegno culturale. La
custodia della terra ci chiede di amarla, vigilando con matura
consapevolezza. La terra ci appartiene. Tutti siamo chiamati a questo
compito che si fa premura già nelle scuole accrescendo la
coscienza ecologica viva tra i giovani. Si tratta di concretizzare
quella “conversione ecologica” che ci porta a ritrovare il gusto per la
bellezza della terra e lo stupore davanti alle sue meraviglie. Ma da
qui, anche la capacità critica per cogliere le ingiustizie presenti in
un modello di sviluppo che non rispetta l’ambiente. Abbiamo cioè bisogno
di un’economia capace di generare lavoro senza violare la terra,
valorizzandola piuttosto come ricchezza produttiva e come crescita
sociale.
Si pensi alla interconnessione tra rispetto
dell’ambiente, agricoltura, turismo e benessere sociale. Solo insieme si
cresce. Solo insieme saremo competitivi, proprio perché rispettosi
della tipicità con cui Dio ha costruito l’armonia dei colori,
delle lingue, delle culture e dei volti. La catechesi può lavorare molto
nel cuore dei ragazzi portandoli alla bellezza della preghiera in una
liturgia armoniosa con il creato, nella gioia del rendere grazie e
benedire il Signore, già in famiglia, davanti alla tavola preparata. Del
resto arte e catechesi sono sempre state in stretta alleanza con la
liturgia per quel gusto della bellezza che diventa la prima coscienza
contro ogni inquinamento e quell’energia vitale che ci permette di
ricostruire i territori violati dai disastri ambientali.
2. La denuncia davanti ai disastri ecologici. Ma
la custodia del creato è fatta anche di una chiara denuncia nei
confronti di chi viola quest’armonia del creato. È una denuncia che
spesso parte da persone che si fanno sentinelle dell’intero territorio,
talvolta pagando di persona. Siamo loro profondamente grati, perché ci
hanno insegnato un metodo: ci vuole sempre qualcuno che, come
sentinella, coglie per primo i problemi e rende consapevole tutta la
comunità della gravità della situazione. Specie davanti ai rifiuti. Chi
ha tristemente inquinato, deve consapevolmente pagare riparando il male
compiuto.
In particolare va bloccata la criminalità che ha
speculato sui rifiuti, seppellendoli e creando occasione di morte,
distruggendo la salubrità dell’ambiente. Ma anche le nostre piccole
violazioni quotidiane vanno segnalate, quando siamo poco rispettosi
delle regole ecologiche...
3. La rete di speranza. Siamo
chiamati a fare rete lasciandoci coinvolgere in forme di collaborazione
con la società civile e le istituzioni. Va maturata insieme una
rinnovata etica civile. Per questo è preziosa la dimensione ecumenica
con cui è vissuta la giornata della custodia del creato. È importante
che nessuno resti spettatore, ma tutti attori, vigilando con amore,
pregando intensamente lo Spirito di Dio, che rinnova la faccia della terra e accrescendo la cultura ecologica. Matureremo
così una vera cultura preventiva, trovando la forza per riparare le
ferite in modo fecondo. Solo così, tramite questa rete, potremo andare
alle radici profonde dei disastri sociali ed ecologici, superando la
superficiale emozione del momento. Tanti nostri stili di vita vanno
cambiati, per assumere la sobrietà come risposta autentica
all’inquinamento e alla distruzione del creato. Del resto, una terra
custodita è la prima fonte di lavoro per i giovani!
Siamo in un
tempo di crescente consapevolezza ecologica. I giovani poi ne sono
sentinelle vigili ed efficaci. Con loro e con lo sguardo negli occhi dei
nostri bambini possiamo ancora sperare a spazi di armonia, di vita
buona e di benedizione leggendo insieme un altro testo di Osea: “E
avverrà in quel giorno – oracolo del Signore – io risponderò al cielo ed
esso risponderà alla terra; la terra risponderà al grano, al vino nuovo
e all’olio e questi risponderanno a Dio” (Os 2, 23-24).
Roma, 15 giugno 2014, Solennità della SS. Trinità
La Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace
La Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo
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