sabato 29 ottobre 2016

A passeggio per Lisbona con Pessoa

Nell'immensa solitudine di essere io
solo io 
sentendo il cuore come solamente mio 
il vento mi accompagna 
con il suo rumore nella notte
ed eccomi solo
sulla montagna 
sotto la divina sferza
non c'è tuttavia niente attorno a me 
se non completa solitudine 
e così è questo cuore.

Fernando Pessoa (1930)



"E' disteso su sette colli, altrettanti luoghi da cui godere esaltanti panorami, il vasto, irregolare e multicolore insieme di case che costituisce Lisbona". (Pessoa, Lisbona. Quello che il turista deve vedere, 1925)



"Per il viaggiatore che arriva dal mare, Lisbona, anche da lontano, si erge come un'affascinante visione di sogno". (Pessoa, Lisbona. Quello che il turista deve vedere, 1925)



"E le cupole, i monumenti, i vecchi castelli si stagliano sopra il turbinio di case, come araldi lontani di questo luogo delizioso". (Pessoa, Lisbona. Quello che il turista deve vedere, 1925)






Le delegazioni pistoiese e jesina sulla terrazza panoramica dell'ascensore di Santa Justa
"L'ascensore di Santa Justa è uno dei belvedere di Lisbona e suscita sempre grande ammirazione nei turisti di ogni parte.Tutto in ferro, è molto caratteristico, piacevole e sicuro. Le cabine, a funzionamento elettrico,sono due e salgono fino al Largo do Carmo, dove si trovano le rovine della chiesa del Carmo, ora Museo Archeologico". (Pessoa, Lisbona. Quello che il turista deve vedere, 1925)







Caffè Brasileira: una piacevole conversazione con Pessoa

"La Torre di Belém è uno dei più bei monumenti di Lisbona e uno dei ricordi più espressivi del potere navale e militare dei portoghesi. Questa meraviglia dell'architettura orientale fu eretta a difesa del fiume e della capitale portoghese sulla Praia do Restelo, famosa per essere il luogo da cui salpavano le navi per le Grandi Scoperte.

Vista da fuori, è un magnifico gioiello di pietra ed è con stupore e crescente soddisfazione che lo straniero ammira la sua particolare bellezza. E' come un merletto, e dei più belli, nel suo delicato intarsio che, bianco, balugina da lontano, catturando immediatamente lo sguardo dei naviganti che entrano del fiume".

(Pessoa, Lisbona. Quello che il turista deve vedere, 1925)

"Ci troviamo al cospetto di quel grandioso monumento che è il Monsteiro dos Jeronimos, un capolavoro in pietra che, una volta visitato, i turisti non possono più dimenticare. Si tratta, infatti, del più importante monumento della capitale. La sua costruzione fu ordinata nel 1502 da Manuel I ". (Pessoa, Lisbona. Quello che il turista deve vedere, 1925)


"Tutte le bellezze qui ospitate devono essere accuratamente esaminate: la lavorazione di ogni dettaglio, le immagini, le tombe, le colonne, le volte, i dipinti, il coro...il chiostro, che è uno dei più belli del mondo". (Pessoa, Lisbona. Quello che il turista deve vedere, 1925)



"La visita al Mosteiro dos Jeronimos, per essere una vera visita, deve essere fatta senza fretta. Tutte le bellezze qui ospitate devono essere accuratamente esaminate".(Pessoa, Lisbona. Quello che il turista deve vedere, 1925)





"Tutto l'interno è mirabilmente lavorato con rilievi di incomparabile bellezza, e anche la lavorazione delle colonne che sostengono la volta non è meno notevole" (Pessoa, Lisbona. Quello che il turista deve vedere, 1925)

"La nostra automobile risale e gira a destra verso la Sé Patriarcal, la cattedrale di Lisbona. E' un tempio antichissimo e la data della sua costruzione è sconosciuta, ma si suppone che risalga a molto tempo prima della dominazione mora (...) I tanti terremoti sofferti da Lisbona hanno lasciato le loro tracce sulla cattedrale, che ha subito molti restauri. 

Il mitico tram 28, autentica icona di Lisbona...

"Lo straniero troverà a sua disposizione una carrozza, un'automobile o un semplice tram che in pochi minuti lo condurrà al centro della città" (Pessoa, Lisbona. Quello che il turista deve vedere, 1925)

Il "volante" del 28

"O amarelo da Carris
vai da Alfama a Muraria,
quem diria.
Vai da Baixa o Bairro Alto,
trepa à Graca em sobressalto,
sem saber geografia" 
(Ary dos Santos)




...e l'intramontabile Ape


"Arriviamo nella piazza più grande di Lisbona, la Praca do Comércio, comunemente conosciuta con il suo antico nome di Terreiro do Paco; E' quella che gli inglesi conoscono con il nome di Piazza del Cavallo Nero ed è una delle più grandi del mondo. Al centro della piazza si staglia la bronzea statua equestre di re José I, una splendida scultura di Joaquim Machado de Castro, fusa in Portogallo nel 1774". (Pessoa, Lisbona. Quello che il turista deve vedere, 1925)


In uno dei lati di Praca do Comércio, è situato il Ristorante "Martino da Arcada",
frequentato abitualmente da Pessoa

All'Arcada, davanti al ritratto di Pessoa



Un bicchierino di ginjinha in Rua Portas de Santo Antão, a due passi dalla centralissima piazza del Rossio
Lisbona by night

Ode alla notte

Vieni, Notte antichissima e identica,
Notte Regina nata detronizzata,
Notte internamente uguale al silenzio, Notte
con le stelle, lustrini rapidi
sul tuo vestito frangiato di Infinito.

Vieni vagamente,
vieni lievemente,
vieni sola, solenne, con le mani cadute
lungo i fianchi, vieni
e porta i lontani monti a ridosso degli alberi vicini,
fondi in un campo tuo tutti i campi che vedo,
fai della montagna un solo blocco del tuo corpo,

cancella in essa tutte le differenze che vedo da lontano di giorno,
tutte le strade che la salgono,
tutti i vari alberi che la fanno verde scuro in lontananza,

tutte le case bianche che fumano fra gli alberi
e lascia solo una luce, un'altra luce e un'altra ancora,
nella distanza imprecisa e vagamente perturbatrice,
nella distanza subitamente impossibile da percorrere.

Nostra Signora
delle cose impossibili che cerchiamo invano,
dei sogni che ci visitano al crepuscolo, alla finestra,
dei propositi che ci accarezzano
sulle ampie terrazze degli alberghi cosmopoliti sul mare,
al suono europeo delle musiche e delle voci lontane e vicine,
e che ci dolgono perché sappiamo che mai li realizzeremo.

Vieni e cullaci,
vieni e consolaci,
baciaci silenziosamente sulla fronte,
cosi lievemente sulla fronte che non ci accorgiamo d'essere baciati
se non per una differenza nell'anima
e un vago singulto che parte misericordiosamente
dall'antichissimo di noi
laddove hanno radici quegli alberi di meraviglia
i cui frutti sono i sogni che culliamo e amiamo,
perché li sappiamo senza relazione con ciò che ci può
essere nella vita.

Vieni solennissima,
solennissima e colma
di una nascosta voglia di singhiozzare,
forse perché grande è l'anima e piccola è la vita,
e non tutti i gesti possono uscire dal nostro corpo,
e arriviamo solo fin dove arriva il nostro braccio
e vediamo solo fin dove vede il nostro sguardo.

Vieni, dolorosa,
Mater Dolorosa delle Angosce dei Timidi,
Turris Eburnea delle Tristezze dei Disprezzati,
fresca mano sulla fronte febbricitante degli Umili,
sapore d'acqua di fonte sulle labbra riarse degli Stanchi.

Vieni, dal fondo
dell'orizzonte livido,
vieni e strappami
dal suolo dell'angustia in cui io vegeto,
dal suolo di inquietudine e vita-di-troppo e false sensazioni
dal quale naturalmente sono spuntato.

Coglimi dal mio suolo, margherita trascurata,
e fra erbe alte margherita ombreggiata,
petalo per petalo leggi in me non so quale destino
e sfogliami per il tuo piacere,
per il tuo piacere silenzioso e fresco.

Un petalo di me lancialo verso il Nord,
dove sorgono le città di oggi il cui rumore ho amato come un corpo.
Un altro petalo di me lancialo verso il Sud
dove sono i mari e le avventure che si sognano.

Un altro petalo verso Occidente,
dove brucia incandescente tutto ciò che forse è il futuro,
e ci sono rumori di grandi macchine e grandi deserti rocciosi
dove le anime inselvatichiscono e la morale non arriva.

E l'altro, gli altri, tutti gli altri petali
– oh occulto rintocco di campane a martello nella mia anima! –
affidali all'Oriente,
l'Oriente da cui viene tutto, il giorno e la fede,
l'Oriente pomposo e fanatico e caldo,
l'Oriente eccessivo che io non vedrò mai,
l'Oriente buddhista, bramanico, scintoista,
l'Oriente che è tutto quanto noi non abbiamo,
tutto quanto noi non siamo,
l'Oriente dove – chissà – forse ancor oggi vive Cristo,
dove forse Dio esiste corporalmente imperando su tutto...

Vieni sopra i mari,
sopra i mari maggiori,
sopra il mare dagli orizzonti incerti,
vieni e passa la mano sul suo dorso ferino,
e calmalo misteriosamente,
o domatrice ipnotica delle cose brulicanti!

Vieni, premurosa,
vieni, materna,
in punta di piedi, infermiera antichissima che ti sedesti
al capezzale degli dei delle fedi ormai perdute,
e che vedesti nascere Geova e Giove,
e sorridesti perché per te tutto è falso, salvo la tenebra e il silenzio,
e il grande Spazio Misterioso al di la di essi... Vieni, Notte silenziosa ed estatica,
avvolgi nel tuo mantello leggero
il mio cuore... Serenamente, come una brezza nella sera lenta,
tranquillamente, come un gesto materno che rassicura,
con le stelle che brillano (o Travestita dell'Oltre!),
polvere di oro sui tuoi capelli neri,
e la luna calante, maschera misteriosa sul tuo volto.

Tutti i suoni suonano in un altro modo quando tu giungi
Quando tu entri ogni voce si abbassa
Nessuno ti vede entrare
Nessuno si accorge di quando sei entrata,
se non all'improvviso, nel vedere che tutto si raccoglie,
che tutto perde i contorni e i colori,
e che nel cielo alto, ancora chiaramente azzurro e bianco all'orizzonte,
già fal
ce nitida, o circolo giallastro, o mero diffuso biancore, la luna comincia il suo giorno.

Il Parco delle Nazioni: uno sguardo al futuro...
L'area dell'Expò (edizione 1998)




Il logo dell'Expò





Di tutto restano tre cose:

la certezza
che stiamo sempre iniziando,


la certezza
che abbiamo bisogno di continuare,


la certezza
che saremo interrotti prima di finire.


Pertanto, dobbiamo fare:


dell’interruzione,
un nuovo cammino,


della caduta,
un passo di danza,


della paura,
una scala,


del sogno,
un ponte,


del bisogno,
un incontro.






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