venerdì 13 ottobre 2017

Ospitare lo straniero





«La cattolicità non si manifesta solamente nella comunione fraterna dei battezzati, ma si esprime anche nell’ospitalità assicurata allo straniero, quale che sia la sua appartenenza religiosa». Chi mai sarà stato il «prete rosso» che osò dire queste parole? Karol Wojtyla. 

Il Papa polacco acerrimo avversario del comunismo, che con l’appoggio a Solidarnosc ebbe un ruolo determinante nel crollo del socialismo reale. I cattolici integralisti che giorni fa, nell’anniversario della battaglia di Lepanto, hanno detto il rosario contro gli immigrati, in particolare islamici (compresi i siriani in fuga dalla ferocia di Assad e dai tagliagole dell’Isis), fingono di ignorare che il «loro» Papa non mollò mai su certi principi. Primo: il dovere cristiano dell’accoglienza. Mai. Lo ricordava un anno fa il vaticanista Andrea Tornielli in un pezzo intitolato «Immigrati, così la Polonia “seppellisce” Giovanni Paolo II».

Accogliere chi è uguale a te è facile. Molto più difficile chi è diverso. E fermo restando il sacrosanto diritto di ogni Paese a cercare di proteggere la propria identità, a partire ovviamente da quella cristiana, c’è modo e modo di farlo. E i polacchi non dovrebbero mai dimenticare, mai, le loro personali responsabilità nell’Olocausto. Non solo al fianco dei nazisti tedeschi ma perfino «dopo». Come a Kielce, a nord di Cracovia, dove il 4 luglio 1946, cioè dopo la scoperta degli orrori di Auschwitz, centinaia di «cristiani» scatenarono una sanguinaria caccia all’ebreo finita con 42 morti. Wojtyla aveva chiaro cos’era successo.

«C’era in lui, ha scritto Alberto Melloni, «un’intensità, una profondità, una sincerità del dire che veniva da un polacco che aveva visto la “sua” chiesa lasciar partire gli ebrei per Auschwitz e aveva visto i suoi connazionali collaborare a eccidi terribili di ebrei». 

Consapevolezza che ha spinto negli anni i più fanatici a sparare su Wojtyla ad alzo zero. Dice tutto la velenosa leggenda rilanciata da vari siti integralisti: «La mamma di Karol, che morì quando lui era lattante, aveva sposato un polacco cattolico; ma il suo nome, Emilia Kaczorowski, è apparso a Wise un adattamento polacco di un nome ebraico molto comune nel mondo yiddish: Katz. La nonna si chiamava Marianna Scholz, altro nome ebraico (Schulze, Schultz). E la bisnonna...». Conclusione: «Questo fatto getta una nuova luce non solo sugli atti di Wojtyla (la visita del primo Papa a una sinagoga, la preghiera al “muro del pianto”, le “scuse” della Chiesa agli ebrei) ma sulla sua neo-teologia della “elezione”». Allora i nemici erano gli ebrei, oggi gli islamici. Gli uni o gli altri, l’importante è odiare.

fonte: Gian Antonio Stella, Corriere della Sera, 10 ottobre 2017

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