lunedì 16 ottobre 2017

Trentanove anni fa, il 16 ottobre 1978


Era il 16 ottobre 1978 e un Papa venuto da molto lontano faceva “capolino” dopo il Conclave più teso della storia della Chiesa, qualche giorno dopo la morte misteriosa e tragica di Papa Giovanni Paolo I (Albino Luciani), solo 33 giorni dopo la sua elezione al soglio pontificio in seguito alla morte di Papa Paolo VI. Quel brevissimo discorso tenuto in un italiano claudicante che diede subito alla cristianità un messaggio chiaro: non occorre essere “perfetti” per poter essere amati e voluti da Cristo. Non occorre essere “austeri” per farsi rispettare e per poter essere seguito: occorre un’attrazione, un fascino, un innamoramento. Esattamente quello che la Piazza San Pietro e in contemporaneo l’intero mondo cristiano ebbero davanti a quel giovanissimo (a confronto della consueta tradizione vaticana) papa polacco, il primo venuto dall’est in piena Guerra Fredda e Muro di Berlino. Karol Wojtyla, 58 anni: quel giorno si ebbe come lo squarcio, l’impressione iniziale di quello che avrebbe potuto fare quello straordinario testimone di Cristo in uno dei Pontificati più lunghi e “rivoluzionari” della storia. Rivoluzionario perché fondato su Cristo, sulla verità del Cristo e sull’amore del Cristo per l’uomo. L’unica vera rivoluzione è quella che riporta la persona alla propria dimensione radicata e profonda: in questo aiutò il magistero di San Giovanni Paolo II di cui oggi si ricorda il 39esimo anniversario dal suo inizio.
Un magistero santo di un santo che esordì in questo modo: «Carissimi fratelli e sorelle, siamo ancora tutti addolorati dopo la morte del nostro amatissimo Papa Giovanni Paolo I. Ed ecco che gli Eminentissimi Cardinali hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma. Lo hanno chiamato da un paese lontano... lontano, ma sempre così vicino per la comunione nella fede e nella tradizione cristiana. Ho avuto paura nel ricevere questa nomina, ma l’ho fatto nello spirito dell’ubbidienza verso Nostro Signore Gesù Cristo e nella fiducia totale verso la sua Madre, la Madonna Santissima». E poi l’errore grammaticale e lessicale forse più famoso (e tenero) della storia della Chiesa, che resero quel Papa subito vicino alla gente che lo ascoltava e lo salutava: «Non so se posso bene spiegarmi nella vostra... nostra lingua italiana. Se mi sbaglio mi corrigerete. E così mi presento a voi tutti, per confessare la nostra fede comune, la nostra speranza, la nostra fiducia nella Madre di Cristo e della Chiesa, e anche per incominciare di nuovo su questa strada della storia e della Chiesa, con l’aiuto di Dio e con l’aiuto degli uomini».

“NON ABBIATE PAURA, SPALANCATE LE PORTE A CRISTO”
È lui che ha “corretto” noi, è quel Papa cui dobbiamo la straordinaria opera di disgelo tra due mondi, l’Est e l’Ovest che minacciavano in quegli anni uno scontro nucleare imminente. I tempi purtroppo non sono passati e Papa Benedetto XVI e Francesco che lo hanno seguito continuano instancabili a portare avanti quell’invito fortissimo e umile allo stesso tempo. «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!»: lo diceva Papa Giovanni Paolo II durante la sua omelia per l’inizio del Pontificato, il 22 ottobre 1978. Quelle “porte spalancate” della politica, della società ma prima di tutto del cuore di ciascuno di noi; senza una rivoluzione del cuore umano nulla può cambiare, la libertà non si gioca e la verità rimane “teorica”. Il Santo Padre invece ebbe caro quell’invito ad ogni singolo individuo di aprire il proprio “Io” all’ingresso di “Dio”. «Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa! Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna». La salvezza dell’uomo e la salvezza del mondo: 39 anni fa quel Papa all’epoca giovanissimo riuscì nel primo fondamentale intento missionario: ci aiutò a spalancare le porte del nostro cuore a Chi solo ha parole di vita eterna. Wojtyla ci ha aiutato a spalancare le porte a Chi offre alla libertà dell’uomo il fascino di un destino buono che compie per davvero tutto il dramma e il bisogno dell’individuo.
fonte: Niccolò Magnani, Il Sussidiario

Nessun commento:

Posta un commento