giovedì 17 marzo 2011

Sci uniti per l'Italia Unita



A partire dal 19 marzo, una delegazione dello Sci Club Karol Wojtyla si recherà a Valtournenche, in Valle d'Aosta, per festeggiare il 150^ anniversario dell'Unità d'Italia.
L'occasione sarà propizia per rinsaldare i vincoli tra le comunità civiche regionali  e rafforzare i sentimenti di appartenenza all'unica Nazione.

Pubblichiamo, di seguito, la sintesi del Saluto agli Italiani pronunciato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano durante la Notte Tricolore (16 marzo 2011) e  alcuni brani dell'ancora attualissima Lettera di Giovanni Paolo II ai Vescovi italiani (6 gennaio 1994) sul ruolo dell'Italia unita e sui rischi del separatismo.

"L'importante è che anche se ognuno ha i suoi problemi, i suoi interessi e le sue idee, e discutiamo e battagliamo, ognuno deve ricordare sempre che è parte di qualcosa di più grande che è la nostra nazione, la nostra patria, la nostra Italia. E se saremo uniti sapremo vincere tutte le difficoltà che ci attendono". E' quanto ha affermato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel saluto agli italiani nella Notte Tricolore dalla Piazza del Quirinale. "La prima cosa importante - ha detto il Presidente - è che l'Unità la festeggiamo in tanti, e nemmeno solo nelle piazze d'Italia: la festeggiamo nei tanti paesi pieni di italiani che ci sono nel mondo, e la festeggiano gli italiani in divisa in Afghanistan, nel Kosovo e nel Libano". "Voglio veramente inviare - ha aggiunto - l'augurio più affettuoso a tutte le italiane e gli italiani di ogni età, di ogni condizione sociale e di ogni idea politica che festeggiano insieme questo nostro grande compleanno". Per il Capo dello Stato "festeggiamo il meglio della nostra storia. Abbiamo avuto momenti brutti, abbiamo commesso errori, abbiamo vissuto pagine drammatiche, ma abbiamo fatto tante cose grandi e importanti. Grazie all'unità siamo diventati un paese moderno". "Se fossimo rimasti - ha sottolineato il Presidente Napolitano - come nel 1860, divisi in otto Stati, senza libertà e sotto il dominio straniero, saremmo stati spazzati via dalla storia, non saremmo mai diventati un grande paese europeo. Eravamo già in ritardo allora di fronte alla Spagna, alla Francia, all'Inghilterra, che erano già dei grandi Stati nazionali, e stava per diventarlo la Germania". "Eravamo in ritardo - ha aggiunto il Capo dello Stato - ma non abbiamo atteso ulteriormente perché ci sono state schiere di nostri patrioti che hanno combattuto, hanno dato la vita e hanno scritto pagine eroiche che noi dobbiamo avere l'orgoglio di ricordare e rivendicare, perché solo così possiamo anche guardare con fiducia al futuro, alle prove che ci attendono. Ne abbiamo passate tante, passeremo anche quelle che abbiamo di fronte in un mondo forse più difficile".




Come Vescovo di Roma mi rivolgo con profondo affetto a voi, Vescovi delle Chiese che sono nella penisola e nelle isole, Vescovi del Nord, del Centro e del Sud d' Italia, per condividere preoccupazioni e speranze e, in particolare, per rendere testimonianza a quell' eredità di valori umani e cristiani che rappresenta il patrimonio più prezioso del popolo italiano. 
Si tratta dell' eredità dell' unità, che, anche al di là della sua specifica configurazione politica, maturata nel corso del secolo XIX, è profondamente radicata nella coscienza degli italiani che, in forza della lingua, delle vicende storiche, della comune fede e cultura, si sono sempre sentiti parte integrante di un unico popolo. Questa unità si misura non sugli anni, ma su lunghi secoli di storia.
In questo quadro europeo e mondiale, carissimi Fratelli nell' Episcopato, è giusto che ci poniamo la domanda: «Quali sono le possibilità e le responsabilità dell' Italia?».
All' Italia, in conformità alla sua storia, è affidato in modo speciale il compito di difendere per tutta l' Europa il patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo. Di questo preciso compito dovrà avere chiara consapevolezza la società italiana nell' attuale momento storico, quando viene compiuto il bilancio politico del passato, dal dopoguerra ad oggi.
Un bilancio onesto e veritiero degli anni dal dopoguerra ad oggi non può dimenticare tutto ciò che i cattolici, insieme ad altre forze democratiche, hanno fatto per il bene dell' Italia. Non si possono dimenticare cioè tutte quelle significative realizzazioni che hanno portato l' Italia ad entrare nel numero dei sette Paesi più sviluppati del mondo, né si può sottovalutare o scordare il grande merito di avere salvato la libertà e la democrazia. Tanto meno si può accettare l' idea che il Cristianesimo, e in particolare la dottrina sociale della Chiesa, con i suoi contenuti essenziali ed irrinunciabili, dopo tutto un secolo dalla Rerum novarum al Concilio Vaticano II e alla Centesimus annus, abbiano cessato di essere, nell' attuale situazione, il fondamento e l' impulso per l' impegno sociale e politico dei cristiani.
I laici cristiani non possono dunque, proprio in questo decisivo momento storico, sottrarsi alle loro responsabilità. Devono piuttosto testimoniare con coraggio la loro fiducia in Dio, Signore della storia, e il loro amore per l' Italia attraverso una presenza unita e coerente e un servizio onesto e disinteressato nel campo sociale e politico, sempre aperti a una sincera collaborazione con tutte le forze sane della nazione.
Se la situazione attuale sollecita il rinnovamento sociale e politico, a noi Pastori tocca richiamarne con forza i necessari presupposti, che si riconducono al rinnovamento delle menti e dei cuori, e dunque al rinnovamento culturale, morale e religioso (cf. Veritatis splendor, n. 98).
Proprio qui si colloca la nostra missione pastorale: dobbiamo chiamare tutti ad uno specifico esame di coscienza. Questo è un bilancio non solo di carattere politico, ma anche e soprattutto di carattere culturale ed etico. E' necessario allora aiutare tutti a liberare tale bilancio dagli aspetti utilitaristici e congiunturali, come pure dai rischi di una manipolazione dell' opinione pubblica.
Mi riferisco specialmente alle tendenze corporative ed ai rischi separatisti che sembrano emergere nel Paese. In Italia, per la verità, da molto tempo esiste una certa tensione tra il Nord, piuttosto ricco, e il Sud, più povero. Ma oggi questa tensione si fa più acuta. Le tendenze corporative ed i rischi separatisti vanno però decisamente superati con un onesto atteggiamento di amore per il bene della propria nazione e con comportamenti di rinnovata solidarietà. Si tratta di una solidarietà che dev' essere vissuta non solo all' interno del Paese, ma anche nei riguardi dell' Europa e del Terzo Mondo. L' amore per la propria nazione e la solidarietà con l' umanità tutta non contraddicono il legame dell' uomo con la regione e con la comunità locale, in cui è nato, e gli obblighi che egli ha verso di esse. La solidarietà passa piuttosto attraverso tutte le comunità in cui l' uomo vive: la famiglia, in primo luogo, la comunità locale e regionale, la nazione, il continente, l' umanità intera: la solidarietà le anima, raccordandole fra di loro secondo il principio di sussidiarietà che attribuisce a ciascuna di esse il giusto grado di autonomia.
Come Vescovi delle Chiese che sono in Italia dovremo indire presto questa grande preghiera del popolo italiano(…) e in riferimento alla situazione attuale, in cui urge la mobilitazione delle forze spirituali e morali dell' intera società. E' mia convinzione, condivisa da italiani insigni anche non cattolici praticanti, come il compianto Presidente Pertini, che la Chiesa in Italia possa fare molto di più di quanto si ritiene generalmente. Essa è una grande forza sociale che unisce gli abitanti dell' Italia, dal Nord al Sud. Una forza che ha superato la prova della storia.
Carissimi Fratelli nell' Episcopato, rimetto nelle vostre mani, con profonda comunione e fiducia, questi pensieri e questi voti. Lo faccio unicamente per l' amore che provo per la nazione italiana, che fin dall' inizio del mio Pontificato mi ha dimostrato così grande benevolenza, tanto che sento di poter parlare dell' Italia come della mia seconda Patria.

LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II AI VESCOVI ITALIANI CIRCA LE RESPONSABILITÀ DEI CATTOLICI DI FRONTE ALLE SFIDE DELL'ATTUALE MOMENTO STORICO (1994)

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