2 aprile 2005 - 2 aprile 2014
"L’anniversario della morte del Beato Giovanni Paolo II che cade oggi
dirige il nostro pensiero verso il giorno della sua canonizzazione che
celebreremo alla fine del mese. L’attesa di questo evento sia per noi
l’occasione per prepararsi spiritualmente e per ravvivare il patrimonio
della fede da lui lasciato. Imitando Cristo è stato per il mondo
predicatore instancabile della parola di Dio, della verità e del bene.
Egli fece del bene perfino con la sua sofferenza. Questo è stato il
magistero della sua vita a cui il Popolo di Dio ha risposto con grande
amore e stima. La sua intercessione rafforzi in noi la fede, la speranza
e l’amore." (Papa Francesco - Udienza 02/04/2014)
Nove anni fa, dunque, Giovanni Paolo II tornava alla Casa
del Padre, dopo una lunga malattia affrontata con indomito coraggio e
generosità. Ad annunciare la morte di Karol Wojtyla in una Piazza San
Pietro trasformatasi in un Cenacolo a cielo aperto, fu il sostituto alla
Segreteria di Stato, Leonardo Sandri che oggi, cardinale prefetto del dicastero per le Chiese Orientali, ha ricordato – al microfono di Radio Vaticana- l’emozione di quel momento:
(Annuncio del cardinale Sandri)
“Carissimi fratelli e sorelle, alle 21.37 il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II è tornato alla casa del Padre. Preghiamo per lui”.
L’emozione è stata grande, e adesso, alla luce di questa prossima
Canonizzazione, avere annunciato proprio questo passaggio dalla terra
alla Casa del Padre di un Santo, è per me ancora una doppia emozione: mi
sento come indegno e lontano dal poter essere stato strumento, in quel
momento, di uno che era stato proprio un evangelizzatore, un uomo di
pace, un uomo di grande vita interiore come base di tutta la sua
attività; di una persona che ha vissuto con grande austerità, con grande
povertà tutto il suo ministero.
Lei che ricordi ha dei suoi incontri con Giovanni Paolo II?
Ho tanti, tanti ricordi. Soprattutto vedere Dio come ha dotato Karol
Wojtyla di una ricchissima umanità. Tutta questa santità che noi poi
abbiamo visto durante la sua vita sacerdotale, episcopale e pontificale
era poggiata in una persona umana che aveva avuto tante sofferenze: la
persecuzione, la morte della mamma quando era piccolo, l’ostruzionismo
da parte del regime, il fatto di dover vivere in un ambiente ostile …
tutto questo era vissuto da una persona straordinaria per simpatia, per
presenza fisica, culturalmente molto profondo e ricco per gli studi che
aveva fatto, anche della filosofia e in particolare della fenomenologia …
E poi, per la grande, grande conoscenza che aveva delle persone, la
capacità di mettersi in contatto con loro, la conoscenza delle lingue,
la conoscenza del mondo che lui aveva vissuto anche quando era stato
vescovo in Polonia … E quindi, questa umanità è stata elevata da Dio,
attraverso una vita di duri confronti, attraverso una vita di
sofferenze, di sacrificio, una vita anche di austerità perché ecco, una
cosa che io ho potuto ammirare anche nell’ultimo giorno della sua vita,
quando stava lì, nel letto di morte, era lo spoglio totale della
persona, anche dal punto di vista materiale: non c’era nessun lusso che
lo circondasse. Questa umanità è stata coronata da Dio con i doni dello
Spirito Santo e quindi con tutto quello - a partire dalla fede, la
speranza e la carità - che fanno di un essere umano comune, come tutti,
un Santo.
Tutti ricordiamo che l’8 aprile, al funerale di
Giovanni Paolo II, il Popolo di Dio lo chiamò già Santo. Cosa i fedeli
hanno in più, adesso che il 27 aprile Karol Wojtyla viene proclamato
Santo?
C’è il giudizio autorevole della Chiesa. Noi dobbiamo
pensare che nella formula della Canonizzazione c’è come una specie di
solennità quasi dogmatica di definizione: lui sta nel Cielo, e quindi
noi fedeli che crediamo che lui era Santo fin da quando lo abbiamo
conosciuto, oppure quelli che lo hanno proclamato “Santo subito” in
Piazza San Pietro, adesso hanno la certezza dell’autorità della Chiesa
che è l’autorità del Successore di Pietro che dice effettivamente:
“Proclamo, definisco, annuncio che questo uomo è un Santo e sta quindi
accanto a Dio” e vive già della visione di quello che noi tante volte
vediamo soltanto attraverso un’ombra e non lo vediamo, Dio, faccia a
faccia: lui già lo vede e questo ce lo garantisce anche il Supremo
Pastore della Chiesa, che è Papa Francesco.
Il 2 aprile 2005 moriva il beato Giovanni Paolo II. Si
concludeva così il lungo pontificato del primo Papa polacco della storia. Un
testimone oculare d’eccezione di questi ventisette anni e del periodo
precedente trascorso da Wojtyła in Polonia è
il suo segretario Stanisław Dziwisz, attuale cardinale arcivescovo di
Cracovia. In questa intervista — a poche settimane dalla
domenica della Divina Misericordia, quando Papa Francesco eleverà Giovanni
Paolo II agli onori degli altari insieme con Giovanni XXIII — il cardinale
ripercorre alcuni momenti della vita di Wojtyła e il suo legame con la Giornata mondiale della
gioventù, che nella prossima edizione si svolgerà proprio a Cracovia.
Come vive questo momento lei che gli è stato accanto per
tanti anni?
Sono stato segretario di Karol Wojtyła per 12 anni a
Cracovia e per quasi 27 anni durante l’intero arco del suo pontificato. Questo lungo periodo trascorso
al suo fianco ha lasciato in me un segno. Tanti avvenimenti scorrono sotto i
miei occhi, a cominciare dalla novità dell’elezione di un Papa non italiano
dopo 455 anni. Ancora più vivo è il ricordo del drammatico attentato in cui ha rischiato
di perdere la vita nel 1981. Senza contare i suoi numerosi viaggi pastorali e i
grandi cambiamenti verificatisi in quel periodo in Europa e nel mondo. Tutta la
sua vita ha segnato la storia. Tutti noi
siamo convinti di aver vissuto accanto a un uomo santo.
A lasciare un segno nella coscienza dell’umanità non è stata
solo la sua esistenza ma anche la sua morte. Come l’ha vissuta?
Col passare degli anni
ci aveva già preparato a quegli ultimi istanti, al momento doloroso
della sua morte. Lo ha vissuto con serenità e con la certezza della
risurrezione. Diceva: «Tutta la mia vita
è indirizzata verso Dio e adesso è arrivato il momento del passaggio
all’altra». È stato cosciente quasi fino alla fine, anche se non possiamo dire
con certezza quando abbia perso conoscenza. Prima di morire ha celebrato la
messa della divina misericordia. Si è comunicato con qualche goccia del sangue
di Cristo per prepararsi al passaggio all’altra vita. Poi ha recitato il
mattutino, l’ufficio delle ore. Mi piace ricordare che negli ultimi minuti ha
pregato l’orazione della domenica del giorno successivo, quello della divina
misericordia. Ed è morto recitando proprio il mattutino della festa della
divina misericordia. Così tutta la sua vita, dall’inizio alla fine, è stata unita
al mistero della divina misericordia. In tal modo ci ha offerto il programma
per questo millennio: la divina misericordia. Il mondo non avrà pace se non si
volgerà a essa.
Fonte: Radio Vaticana
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